Recensioni - Opera

Arena di Verona: con Zeffirelli l’oro di Pechino torna a risplendere

Turandot e Liù regine dell’Arena di Verona

Anche quest'anno il cartellone dell'Arena ripropone qualche replica di Turandot, capolavoro incompiuto di Giacomo Puccini, nel magnifico allestimento del 2010 di Franco Zeffirelli. L’ultima replica dello spettacolo sarà il 29 giugno. Tra gli allestimenti di Zeffirelli questo è uno tra i più sfarzosi ed eleganti che non può certamente lasciare indifferenti gli amanti del bello.

Puccini è un fine cesellatore delle figure femminili. Le sue donne da Manon a Tosca, da Mimì a Liù sono donne che regalano emozioni intense, che suscitano compassione nel reale senso etimologico della parola dal momento che lo spettatore si trova a “patire” insieme a loro.

Le masse areniane, immancabile ingrediente della tradizione, aprono lo spettacolo con un’immagine molto suggestiva: i mendicanti cinesi affollano il palcoscenico portando in scena tutto il grigiore della loro miseria.

La coralità di Turandot, che ricorda il Boris di Mussorgsky, emerge da subito addolcita e ammorbidita; l’amabilità dei cori di voci bianchi e femminili crea un’atmosfera ovattata, quasi onirica.

Liù, interpretata da Daria Rybak, è stata tenerissima. La donna che si innamora di un sorriso ha un’ottima tecnica e il suo fraseggio è chiaro e pulito. I suoi sentimenti sinceri sono la forza che la anima in tutto lo spettacolo e le doti canore si fondono perfettamente con quelle interpretative.

Bravi e frizzanti anche Youngjun Park, Riccardo Rados e Matteo Macchioni, rispettivamente nei ruoli di Ping, Pang, Pong. Il trio ha cantato con gran voce, dote non trascurabile in Arena. Coloratissimi e originali nei loro costumi, disegnati da Emi Wada, i tre cantanti hanno dimostrato una gestualità sicura e collaudata: i ministri di corte dell’imperatore hanno assolto al loro ruolo in maniera impeccabile.

Il secondo atto è sempre una bellissima bomboniera. L'allestimento opulento di Franco Zeffirelli appaga la vista e l’animo. L’oro dei tetti delle pagode e le parate regali assorbono lo sguardo dello spettatore facendo passare in secondo piano la cattiveria di Turandot. Anche se quello di Zeffirelli può essere considerato un allestimento di tipo tradizionale la ricerca dei dettagli è sempre una nuova scoperta.

Olga Maslova, nel ruolo di Turandot ha convinto dalla prima all’ultima nota. Nel proporre i tre enigmi emerge in fieri l’esito: la speranza non delude, ma fa avvampare il sangue nelle vene dell’algida principessa fino a farne liquefare il cuore gelato. Olga Maslova ha saputo cantare mantenendo un ottimo standard: acuti senza esitazioni, do sovracuti con smalto e carattere fanno sì che questa interprete possa essere promossa a pieni voti.

La breve sospensione dovuta alla pioggia pochi minuti dopo l’inizio del terzo atto ha fatto temere di non poter sentire le celebri note del “Nessun Dorma” che però ha definitivamente evidenziato che Gregory Kunde è un po’ sottotono. La voce del tenore sin dall’inizio è sembrata insufficiente a riempire l’ampio spazio dell’anfiteatro veronese, cosa che si è rivelata ancor più evidente in questa famosa aria per la quale non è stato richiesto il bis come accade invece abitualmente.

Sul podio il Maestro Michele Spotti che ha ben diretto l’orchestra scaligera, con gesto fermo e deciso.

Il Coro dell’Ente Arena preparato da Roberto Gabbiani è sempre straordinario e irrinunciabile. In Turandot è necessario anche il coro di voci bianche che è stato perfettamente preparato e diretto da Elisabetta Zucca.

22 giugno 2024 Sonia Baccinelli