Recensioni - Opera

Astrazioni storicizzanti per un teatro troppo formale

Edulcorata messa in scena de “Il Servo di Scena” di Ronald Hardwood

Ronald Hardwood fu attore di lungo corso nei teatri londinesi ed egli stesso ebbe modo di sperimentare in prima persona il mestiere del “dresser”, forse impropriamente tradotto in italiano con “servo di scena”. Hardwood fu infatti nella prima parte della sua carriera assistente personale di Sir Donald Wolfit alla Royal Shakespeare Company. Ebbe pertanto esperienza personale del mondo che descrive nella sua pièce.
L’interesse del pezzo non sta però tanto nell’operazione di fotografare la situazione teatrale di un determinato periodo storico, ovvero la seconda guerra mondiale, in cui il teatro caratterizzato dal capocomicato stava iniziando quel declino che avrebbe dato vita alle avanguardie degli arrabbiati dei primi anni sessanta, bensì nella densa emotività relazionale che sussiste fra i personaggi.
Tutto ruota infatti attorno al carisma personale del primo attore, ormai sul viale del tramonto, che nel suo lento declino sta trascinando con se i collaboratori di una vita, relegati in compagnia a ruoli succubi e marginali proprio in virtù della dipendenza psicologica e affettiva nei confronti di quest’ultimo. Il servo di scena è da sempre innamorato del suo mentore, così come la direttrice di palcoscenico, entrambi vittime di un amore non consumato e proprio per questo immortale anche se avvelenato.
Questa scabrosa situazione di dipendenza psicologica ha creato dei mostri dall’emotività esacerbata che ormai vivono solo in funzione della dipendenza dal mattatore capocomico. E’ questa relazione fra dipendenza sessuale, potere e carisma che interessa Hardwood, egli la inserisce nel suo mondo del teatro ma tratta di sentimenti universali che si possono adattare a qualsiasi ambiente.
Nella messa in scena di Franco Branciaroli tutto questo viene invece solo accennato, le pulsioni sessuali latenti vengono smorzate, l’omosessualità ridotta a macchietta, la crudeltà emotiva e sessuale del protagonista si trasforma in una sorta di delirio di un attore anziano, il gioco di dipendenze psicologiche all’interno della compagnia viene trasformato in una carrellata di personaggi mediocri e quasi comici. Poteva passare molto di più del testo Hardwood, si è invece scelto di accennare diluendo il tutto in una patina di perbenismo.
Detto questo e forse proprio per questo, lo spettacolo scorre piacevole, anche grazie agli interpreti tutti efficaci, rassicurante, un tantino polveroso nella riproduzione maniacale dell’epoca storica.
Il pubblico, invero scarso, ha tributato alla fine applausi convinti.

Rafaello Malesci (15/12/11)


Continua la Stagione 2011 – 2012 de “Il Grande Teatro” organizzata dall’Assessorato alla cultura del comune di Verona. Al Teatro Nuovo è andato in scena “Servo di scena”, un’interessante pièce dell’attore e drammaturgo sudafricano ma naturalizzato inglese Ronald Hardwood.