
Prestigiosa produzione andata in scena al Teatro La Fenice di Venezia
Attila nel nome di Verdi: stupendamente stupenda, un vero gioiello. Poker d'Assi per i cantanti, quattro fuoriclasse, e Scala Reale per direzione musicale, regia, scene, costumi, luci.
Iniziamo dalla regia di Leo Muscato, costruita per evidenziare sia la decadenza dell'uomo che preferisce distruggere che costruire, sia per mettere in risalto gli stati d'animo dei protagonisti. Si tratta di una regia fluida, coerente con la drammaturgia musicale, che non disturba per niente la musica e che permette ai cantanti di poter cantare liberamente senza vincoli. È una regia che si apprezza per la sua fluidità. Da sottolineare anche che il regista ha dimostrato di conoscere la storia...infatti, come fece Giuditta, fa uccidere Attila da Odabella tagliandogli la gola, a differenza di tutte le produzioni che ho visto nelle quali lo trafigge con la spada. Altra cosa aggiunta: quando Ezio va da Attila per offrirgli l'alleanza porta seco un baule, che gli Unni requisiscono anche se accordo non c'è! Le scene di Federica Parolini sono costruite intorno al palcoscenico; dal fondo del palco entrano i protagonisti e le pareti sono circondate da alberi spogli, fusti che sembrano quasi costruiti per murare la vicenda, che si consuma come si sono consumate le piante. I costumi di Silvia Aymonio sono molto curati e ben definiscono i due schieramenti. Da sottolineare che le armature romane sono fatte in pelle, come erano realmente. Stupendi e coinvolgenti i giochi di luce di Alessandro Verazzi, che definiscono le varie scene con maestria e trasmettono grande emozione.
Bellissimo il passaggio dalla notte all'aurora, quando i profughi giungono sulla laguna; d'effetto il fuoco iniziale, vero, ad indicare Aquileja devastata. Con le luci vengono anche messi in risalto gli stati d'animo dei protagonisti: per esempio, quando Foresto piange Odabella prigioniera, la scena diviene buia, si passa dalla luce del sole al dolore dell'anima. D'effetto la scena composta da delle specie di massi, tra i massi ci sono serpentine di luce che si accendono rendendo più efficace iil tutto: per esempio azzurre quando i profughi sbarcano dal mare, bianca quando Attila narra la visione e si prostra dinanzi al Papa, rossa quando Attila esplode nella cabaletta.
Il Maestro Sebastiano Rolli ha scavato la partitura ed ha colto le sfumature che Verdi aveva messo nello spartito. Verdi aveva scritto che gli a capo delle cabalette fossero cantati con ritmo diverso, in modo da scavare la parola e lo stato d'animo dell'interprete. Così è stato e per me è stata una scoperta veramente emozionante e coinvolgente. Inoltre con la sua direzione ha accompagnato magistralmente gli interpreti che hanno scavato la parola scenica fino in fondo, creando un equilibrio perfetto tra palco ed orchestra. Sempre al top l'Orchestra del Teatro La Fenice e magnifico il Coro del Teatro magistralmente diretto dal Maestro Alfonso Caiani.
Veniamo ora ai protagonisti, poker d'Assi di bravura e presenza scenica.
Iniziamo da Michele Pertusi, che interpretava Attila. Questo cantante ci ha abituato a interpretazioni magnifiche e non si è smentito nemmeno questa volta: ci ha donato un canto che sottolinea come Attila sia forse il meno barbaro dei quattro protagonisti e il più umano, con i suoi dubbi, slanci generosi e di rabbia. Stupendo il suo a capo della cabaletta, cantato mettendo in evidenza la paura provata nel sogno.
Vladimir Stoyanov interpretava il generale romano Ezio: ci ha deliziato con la sua linea di canto elegante, per l'intensità dell'interpretazione e la bravura nel delineare i momenti salienti dell'opera. Da manuale recitativo, aria, cabaletta e a capo. Ha dimostrato, insieme a Pertusi, completa padronanza della tecnica e della parola scenica. Qualcuno ha pensato si fosse sbagliato nell'aria: infatti ha cantato "Culmini" al posto di "Vertici". In realtà nella prima stesura c'era la parola "culmini", sostituita poi successivamente. Si è stato scelto di onorare completamente ciò che Verdi aveva scritto, per questo il cambio di frase.
Anastasia Bartoli interpretava Odabella, ruolo molto difficile per l'alternarsi di canto drammatico e lirico a seconda delle situazioni in cui era coinvolto il personaggio. Questo soprano ha dimostrato di essere migliorata tantissimo dal suo debutto e la sua interpretazione è stata molto apprezzata dal pubblico. Deve ancora affinarsi, ma sicuramente ha un materiale vocale eccellente e una ottima tecnica.
Antonio Poli interpretava Foresto: questo giovane tenore ha dimostrato facilità in tutti i registri e il suo personaggio è risultato pienamente delineato. Bravi Andrea Schifaudo come Uldino e Francesco Milanese come Leone.
Alla fine grande successo e meritatissimi applausi per tutti. Applausi che i protagonisti avevano ricevuto anche durante lo spettacolo nelle loro scene. Peccato che il coro non sia uscito alla fine dell’opera per ricevere gli applausi che gli spettavano.
Spettacolo spettacolare, complimenti a tutte le persone che hanno contribuito a questo indimenticabile Attila.