Recensioni - Opera

Azzardato Lago dei cigni di Renato Zanella

Non perfettamente a fuoco la coreografia del capolavoro ciaikovskiano presentata al teatro Filarmonico

Dal 15 al 18 maggio il cartellone del teatro Filarmonico di Verona ha proposto “Il Lago dei Cigni” con la coreografia firmata da Renato Zanella. Il titolo è stato forse un po’ pretenzioso, dato che si è trattato di una reinterpretazione dei soli atti bianchi che della versione di Ivanov ormai passata alla storia hanno riproposto purtroppo la sola Danza dei piccoli cigni ed anche quella incomprensibilmente come un pas de trois anziché pas de quatre.

Nella serata del 16 maggio la sala era piena e fa davvero piacere che il pubblico si approcci ancora fiducioso ai classici, che non necessariamente devono andare in scena con organici e versioni originali, ma che almeno dimostrino un certo spessore del lavoro sotteso alla rilettura dell’opera musicale, drammatutrgica e coreografica. I numerosi adattamenti anche talvolta “stravolti” rispetto all’originale, a cominciare dalla celeberrima e riuscitissima coreografia di Matthew Bourne, avevano lasciato sperare in un lavoro breve ed organico dato che questa versione andava in scena con la firma e l’esperienza di un grande coreografo veronese. In realtà siamo rimasti tutti un poco delusi non tanto per l’aspetto tecnico dei ballerini dei quali ben conosciamo le attitudini, quando per il poco spessore di lettura drammaturgica.
Negli atti bianchi la trama è ridotta al minino, infatti dal suo catastrofico debutto moscovita del 1877 alla rielaborazione del 1894 in occasione della morte di Ciajkovskij, il taglia-cuci musicale è stato impressionante, ma, considerati i risultati di Ivanov, ovviamente tutto è stato lecito. Visti i tempi di ristrettezze economiche in cui versano i teatri che si trovano a dover risparmiare su tutto, scene, costumi, luci ed in primis il numero di prove in sala, sarebbe stata sufficiente una interpretazione quasi balanchiniana dell’opera, ovvero togliere anche quel poco di storia e lasciare la danza pura e semplice. Non è stato così dato che Zanella ha voluto vestire le donne tradizionalmente in bianco e gli uomini in nero, in una sorta di contrapposizione manichea tra il bene ed il male. E se fino ad un certo punto il pubblico ha trovato interessante questa idea, soprattutto nella seconda parte dello spettacolo è risultata ripetitiva. Le coreografie femminili sono risultate più varie ed interessanti di quelle maschili, forse anche perché il panorama cui ispirarti è davvero immenso e variegato.
Molto apprezzabile invece la parte musicale offerta dall’orchestra della Fondazione Arena guidata da Wictor Bockman.


Sonia Baccinelli  16 maggio 2014