Recensioni - Opera

BRESCIA: Delitto fasullo a suon di musica

Alla sua prima messinscena in Italia, almeno così si legge nella presentazione, “Il caso Rue de Lorcine” ha debuttato al Teatro ...

Alla sua prima messinscena in Italia, almeno così si legge nella presentazione, “Il caso Rue de Lorcine” ha debuttato al Teatro Santa Chiara con la regia di Andrea Taddei per la stagione del Centro teatrale Bresciano.
Il testo di Eugène Labiche è un atto unico scritto sullo stile del vaudeville, genere teatral-musicale molto in voga nella Francia del diciannovesimo secolo che però può riscontrare una certa efficacia anche ai giorni nostri.
La trama, che mescola il comico ad un’atmosfera noir, tratta del ricco borghese Lenglumé che ritiene di aver compiuto in stato di ebbrezza l’omicidio di una carbonaia insieme all’amico Mistingue, e da questa situazione inizia una macbethiana spirale di goffe efferatezze, volte a mascherarne la colpa, che alla fine termineranno in una serie di equivoci ed in un consolatorio (ma non del tutto) lieto fine. Il gioco serve all’autore per smascherare l’ipocrisia insita nella società borghese dell’epoca, analizzando un quadretto familiare in cui tutti avrebbero qualcosa da farsi perdonare: infatti oltre ai due protagonisti anche il cugino Potard si dimostra accondiscendente nel mascherare le scappatelle del parente, ed il servo Justin non è proprio uno stinco di santo. Unica creatura “innocente” alla fine risulta la moglie Norine, che dietro una maschera burbera ed un po’ bisbetica si dimostra come una persona dai principi tutto sommato ancora solidi.
La chiave di lettura scelta da Taddei, che oltre ad essere il regista è anche traduttore, scenografo e costumista della piéce, è quella di virare tutto sui toni della farsa e della commedia, ricorrendo anche alle parti cantate prescritte dallo stesso Labiche, ma riadattando le musiche a temi del nostro tempo (grazie agli arrangiamenti curati da Dino Scuderi), per cui si ascoltano riferimenti a Lloyd Webber, Grease, Cantando sotto la pioggia e così via. Il gioco risulta divertente, e bene si sposa alla scelta di utilizzare i personaggi come delle macchiette, il che spiega i movimenti a volte un po’ stereotipati ed il trucco estremamente marcato, ed alla fine contribuisce a rendere l’insieme estremamente godibile. Il problema è che per perseguire questa linea sino in fondo servirebbero dei tempi teatrali ferratissimi, quasi da congegno ad orologeria, che al momento nel caso specifico latitano. Forse perché alla prima, alla quale ho assisito, lo spettacolo necessitava ancora di rodaggio, ma sta di fatto che dopo i primi 20 minuti in cui il ritmo era fiacco ed i tempi comici non funzionavano, il pubblico non era assolutamente pronto per applaudire dopo il primo stacco musicale, dando così origine ad una divertente-imbarazzante gag da parte dell’attrice Carla Chiarelli, ed anche in corso d’opera il susseguirsi degli eventi non era sempre fluido. E’ comunque auspicabile che questo aspetto migliori nel corso delle repliche.
Quanto agli attori: Sergio Mascherpa delinea un Lenglumé estremamente istrionico e sopra le righe, coadiuvato dal Mistingue di Gianluca Iacono, suo degno compare. Carla Chiarelli è una Norine un po’ brusca mentre Emanuele Carucci Viterbi (il migliore in scena) disegna uno spassoso Potard che alterna momenti stralunati ad altri estremamente incisivi. Completa il cast il Justin del giovane Fabrizio Matteini, ancora un po’ acerbo e non sempre puntuale nei tempi comici.
Al termine un discreto successo da parte di un pubblico che, seppur tardivamente, si è lasciato coinvolgere nel gioco della commedia.
Davide Cornacchione 25/02/2003