Recensioni - Opera

BRESCIA: Senza Gaber un Grigio in bianco e nero

Lo spettacolo sembra un viaggio introspettivo di un uomo che cerca la solitudine, ma che nella solitudine non vuol restare. I suo...

Lo spettacolo sembra un viaggio introspettivo di un uomo che cerca la solitudine, ma che nella solitudine non vuol restare. I suoi legami con la moglie da cui è stato abbandonato e con il figlio col quale non ha mai avuto un vero rapporto lo accompagnano per tutto il tempo.
La solitudine viene interrotta da una presenza: "il grigio" un enorme topo che "l'uomo" vuole scacciare ma che poi finisce con l'apprezzare e cercare quale unica compagnia. In fondo "io passo evanescente tra i sogni di alcune donne che non hanno saputo completarmi." La scena si volge in una casa nuova in cui l'uomo si è rifugiato. Inizialmente la dimora si presenta bella, lineare, pulita, poi man mano che l'uomo scava dentro di sé appare uni squallore ed un disordine interiore. L'uomo, emblema della ricerca di se stessi ammette: "tutti abbiamo bisogno di qualcuno o qualcosa che non faccia addormentare i nostri dubbi".
Inizialmente acido, quasi fastidioso, "l'uomo" poi diventa quasi simpatico. La sua sfortuna suscita quasi commiserazione e strappa un sorriso, prevedibile, anche efficace per alleggerire una tensione mai raggiunta completamente.. "Ci sarà senz'altro il modo di fare... 'La cosa'! Altrimenti il nostro destino è quello di essere delle scorze di uomini... sì, degli involucri... mai delle persone."
C'è ritmo: quasi due ore in cui "l'uomo" trattiene lo spettatore in compagnia del grigio e del senso della vita, anche se talvolta il protagonista cede il passo e la tensione si affievolisce.
Valida comunque l’interpretazione di Fausto Russo Alesi e dei musicisti Carlo Cialdo Capelli Corrado Dado Sezzi, anche se l’assenza di Gaber si fa troppo spesso sentire.

m.balz. 12/01/05