Recensioni - Opera

BRESCIA: Trionfa il Miller di Lievi

“La morte di un uomo è un fatto commovente, la morte di diecimila è un fatto statistico”. Questa massima attribuita a Josif Stalin...

“La morte di un uomo è un fatto commovente, la morte di diecimila è un fatto statistico”. Questa massima attribuita a Josif Stalin sembra essere anche uno dei punti su cui si basa la morale di Joe Keller, ricco industriale dell’aviazione americana che, per aver venduto all’esercito una serie di pezzi difettosi, è causa durante la seconda guerra mondiale della morte di 21 piloti e, seppure in forma indiretta, anche di quella del figlio Larry.
Infatti se Keller ha superato quasi indenne l’inchiesta ed il processo che lo ha visto accusato della scomparsa dei 21 giovani, la perdita del figlio maggiore ha lasciato, seppure a distanza di tre anni, una cicatrice non ancora rimarginata, non solo in lui, ma soprattutto nella moglie Kate che ancora non riesce a darsi pace e continua ad aspettarne fiduciosa il ritorno. Questo perché per i Keller il senso della famiglia è tutto. Ogni cosa è lecita in suo nome; anche il crimine di cui si è macchiato Joe, per irresponsabilità o leggerezza, per lui si giustifica in quanto commesso per non provocare il crollo dell’azienda che era fonte di benessere e tranquillità per i figli, e che dei figli sarebbe diventata in futuro. A quest’ottica si contrappongono il figlio Chris, idealista sconfitto dalla propria incapacità ad agire ed all’oscuro di tutti i retroscena della vicenda, e lo stesso Larry, come si scoprirà alla fine, quando si verrà a conoscenza dei veri motivi che furono causa della sua morte.
Il problema che in questo testo viene così sollevato è di strettissima attualità: quale è la responsabilità delle ricche classi dirigenti all’interno di un conflitto? Quale è il valore della vita umana di fronte alle necessità di una ristretta oligarchia che tenta di spacciare le proprie esigenze come quelle della società? Chi è al fronte deve essere considerato un numero, come i 21 di Joe Keller, o una persona “speciale” come Chris definisce ciascuno dei componenti il suo battaglione tutti rimasti uccisi?

Il regista Cesare Lievi, in uno dei suoi spettacoli più belli da quando ha assunto la direzione artistica del CTB, sceglie di affrontare questa vicenda lavorando su una recitazione estremamente asciutta e misurata che faccia emergere innanzitutto le figure dei singoli personaggi nella loro “grandezza”, quasi si trattasse di una tragedia greca. Ogni carattere viene così scolpito e nello stesso tempo analizzato sino in fondo, per cui ogni azione passata e presente trova una sua precisa giustificazione nella personalità di chi la ha compiuta. Emergono quindi i grandi interrogativi, ma emergono soprattutto gli uomini, i veri motori della vicenda, che di questi interrogativi sono gli artefici.
Ovviamente una lettura di questo genere può riuscire appieno solo avvalendosi di un cast di prim’ordine, e così è stato, grazie alla presenza di due eccellenti interpreti quali Umberto Orsini e Giulia Lazzarini coadiuvati da un gruppo di attori perfettamente all’altezza della situazione.
Orsini ha dato vita ad un Joe Keller estremamente misurato ma allo stesso tempo forte e volitivo, energico capofamiglia vecchio stampo. D’altra parte la Kate della Lazzarini presentava a tratti una recitazione forse un po’ troppo enfatica, soprattutto nella prima parte in cui era ancora molto forte il dolore per il figlio scomparso, ma questo non le ha assolutamente impedito di raggiungere alcuni momenti di straordinaria intensità all’interno di un’interpretazione comunque di notevole livello.
Eccellente anche il Chris di Luca Lazareschi, peraltro il personaggio più sfaccettato all’interno del testo, poiché il più debole e quindi il più sottoposto alla pressione di tutti gli altri, compresa quella di Ann, ex fidanzata del fratello ed ora sua promessa sposa, disposta a tutto pur di ottenerlo, resa con grande determinazione da Ester Galazzi.
All’altezza dei protagonisti tutti gli altri, tra cui spiccava Roberto Valerio nel ruolo di George, il fratello di Ann, e quindi Rino Cassano, Elisabetta Piccolomini, Gian Paolo Valentini a Paola di Meglio.
Interessante la soluzione scenica di Maurizio Balò, ovvero quella di realizzare un giardino interamente con tessuti di tuta mimetica, i quali nell’ultima scena scoprono le carcasse di un cimitero dell’aviazione. Purtroppo però, il rivelare già parzialmente alcuni elementi all’inizio del secondo atto toglie completamente forza a questa soluzione che alla fine risulta fine a sé stessa. Appropriate come sempre le luci di Gigi Saccomandi.
Al termine applausi calorosi da parte di un pubblico entusiasta per una delle migliori produzioni in assoluto di questa stagione teatrale, a Brescia ma non solo.

Davide Cornacchione 2/4/2002