Recensioni - Opera

BRESCIA: Un’avvincente storia immortale

Alla luce di alcuni allestimenti cui ho assistito di recente ho avuto l'impressione che Karen Blixen sia una straordinaria inconsa...

Alla luce di alcuni allestimenti cui ho assistito di recente ho avuto l'impressione che Karen Blixen sia una straordinaria inconsapevole scrittrice teatrale, data l’efficacia e la bellezza degli spettacoli che sono stati tratti da riduzioni dei suoi racconti. Penso tra gli altri al recente e bellissimo “Tempeste” realizzato da Elisabetta Pozzi e Luca Scarlini a Parma, un piccolo gioiellino che rende merito al talento della scrittrice danese.
Altrettanto si può dire di questa riduzione realizzata da Gabriele Lavia in coproduzione con lo Stabile di Genova. Uno spettacolo dalle tinte cupe, quale peraltro è il carattere dei due protagonisti, caratterizzato da regia asciutta ma estremamente efficace, coadiuvata dalle suggestive scene di Paolo Tommasi, autore anche dei costumi, e dalle bellissime luci di Pietro Sperduti.
Sopra tutto troneggiano le due eccellenti interpretazioni di Carlo Cecchi, un Clay freddo, cinico e inaridito dalla vita e di Gabriele Lavia nel ruolo del segretario Elyshama, una figura apparentemente alienata che della propria efficienza ha fatto la sua unica ragione di vita. Ad essi si affiancano la Virginia di Raffaella Azim, a tratti intensa ma non sempre convincente, ed il marinaio di Giorgio Lupano, giovanile ed irruento nel bene e nel male.
I quattro personaggi si muovono all’interno di una storia che, se da una parte già esiste nella memoria collettiva, si tratta infatti di un’antica leggenda narrata da tutti i marinai del mondo, dall’altra la si vuole vedere come ricreata dallo stesso Clay, che ergendosi al ruolo di demiurgo vuole sfidare Dio, l’unico autorizzato a disporre della vita degli uomini. Alla fine in realtà le cose non andranno come previsto poiché ogni storia è una storia a sé, ed ognuno trae dalle proprie esperienze il suo racconto e non quello che altri vogliono fargli raccontare.
Una catarsi non del tutto liberatoria alla quale però il pubblico che gremiva il Teatro Sociale ha partecipato con calore tributando applausi intensi a tutta la compagnia.

D. Cor. 28/11/2002