Recensioni - Opera

Ballet de l’Opéra National de Bordeaux in Carmina Burana

Una serata da non perdere al Teatro Romano di Verona

Il 9-10-11 luglio la rassegna Estate Teatrale Veronese ha ospitato il Ballet de l’Opéra National de Bordeaux. La compagnia ha presentato due titoli: Chopin Número Uno ed il titolo di richiamo in cartellone, ovvero i Carmina Burana.
Al debutto, è stato presentato solo uno dei brani sulla musica di Chopin, dato il tempo incerto, ma soprattutto la temperatura decisamente rigida, dal momento che i ballerini hanno scelto generosamente di esibirsi nonostante i 16 °C della serata.

Anziché le otto coppie previste dalla coreografia di Mauricio Wainrot, è stato messo in scena solo un passo a due, dove lei è risultata morbida, coordinata ed armonioso, mentre lui, forse anche per la diversità di statura, è sembrato più rigido e spigoloso. Immediatamente dopo il breve intervallo e qualche goccia di pioggia, è iniziato il balletto più atteso della serata.
I Carmina Burana, del musicista tedesco Carl Orff, sono una cantata scenica in atto unico ed il  libretto è dell’autore stesso. Composti nella seconda metà degli anni trenta, i Carmina Burana fanno riferimento ad alcuni poemi medievali contenuti in un manoscritto del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis o Codex Buranus, proveniente dal convento di Benediktbeuern nella zona della Baviera. Questa composizione appartiene al trittico teatrale che Carl Orff ha denominato Trionfi che comprende anche i Catulli Carmina ed il Trionfo di Afrodite. Di tutti però i più celebri sono senz’altro i Carmina Burana che devono il loro successo soprattutto alla forza musicale del brano scelto come apertura e chiusura. Fin dalle prime note di “O Fortuna” i brividi corrono lungo la schiena e lo spettatore non può che restare incantato davanti al perfetto sincronismo dei ballerini multietnici francesi che si sono esibiti mantenendo le formazioni ideate da Mauricio Wainrot dividendo prima le parti femminili da quelle maschili e poi quelle corali o di coppia.
La solida formazione classica di tutti i componenti ha permesso di ottenere ottimi risultati in quello che certamente non è un balletto di derivazione classica, ma nemmeno completamente contemporaneo; le due forme di danza coesistono e si integrano l’un l’altra dando vita ad un balletto che pare quasi una rappresentazione teatrale muta durante la quale tanti piccoli quadri restano impressi nella memoria visiva del pubblico. La musicalità del coreografo gli ha permesso di creare numerose sequenze a canone sempre diverse, sempre nuove e sempre comprensibili anche quando in scena c’era l’intero corpo di ballo. Belli i tour e i grandi salti supportati dal ritmo incalzante della musica sempre coinvolgente anche se qualche volta forse troppo velocizzata rispetto all’originale per necessità di palcoscenico. Interessanti anche i riferimenti alle danze popolari con piccole formazioni e minuscoli holubetz dal sapore vagamente polacco.

Sonia Baccinelli   9 luglio 2014