Recensioni - Opera

Bari: Don Carlo senza Don Carlo. Si può fare anche così!

Una produzione suggestiva con un cast discontinuo

Punte di eccellenza, ma anche interpreti in difficoltà nel cast poco omogeneo ascoltato al Don Carlo a Bari. Peccato, in quanto la produzione era veramente bella, con scene che ricordavano l’Escoriale, costumi molto curati e in linea con l'epoca degli avvenimenti narrati. L'allestimento scenico è del teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena.

Ma andiamo con ordine. La regia era di Josef Franconi-Lee, insieme a Daniela Zedda che ha curato i movimenti scenici. Regia molto fluida, che scorreva come le note della musica, senza eccessi e senza disturbare l'ascolto e la visione. Molto curati i movimenti scenici, soprattutto la disposizione del coro. Le scene e i costumi erano di Alessandra Cimmarughi. Veramente di gran classe sia come fattura che come tessuti. Le scene, altrettanto classiche, creavano efficacemente i vari ambienti. Decisamente d'effetto L'Autodafé con la doppia scena che illuminandosi, mostrava l'interno della chiesa dove veniva incoronato Filippo II e il sagrato esterno. Sempre deliziose ed efficaci le luci di Claudio Schmid, intense sull'esterno della chiesa e nel giardino, cupe e sepolcrali in tutti gli altri ambienti. Non poteva mancare l'effetto del rogo a tinte corrusche.

Veramente invidiabile la bravura del Coro del Teatro Petruzzeli diretto dal Maestro Marco Medved, efficace in ogni suo intervento sia vocale che scenico. Il direttore d'orchestra era il Maestro Diego Matheuz, bravo a calibrare i suoni e a concertare musica e canto. Bravissimi i musicisti solisti, dai corni al violoncello, così come tutti i componenti dell'orchestra del Teatro Petruzzelli. Ben diretta la banda interna, che presenta sempre qualche difficoltà di esecuzione nelle opere verdiane.

Filippo II era il basso Simon Lim, che era perfettamente a suo agio nella parte. Veramente bello il duetto con Posa e recitativo e aria "Ella giammai mi amò". L’interprete sfoggia grande sicurezza vocale. Una grande interpretazione la sua.

Altrettanto bravo il baritono Vladimir Stoyanov nei difficili panni di Rodrigo, Marchese di Posa. Legato finissimo, fiati lunghi, ha cesellato ogni nota. È una parte molto acuta per il registro baritonale e per questo irta di difficoltà. Stupendo in ogni intervento, ha lasciato senza fiato il pubblico nell' aria e morte di Rodrigo, cantata con un filo di voce da persona che non vuole far sentire alle guardie ciò che dice a Don Carlo e che sta morendo dopo l'agguato. In molti hanno tirato su di naso, non per il raffreddore ma per la commozione.

Elisabetta di Valois era il soprano Chiara Isotton, un vero talento nel panorama delle giovani soprano. Voce limpida e cristallina, ha sottolineato ogni passaggio emozionale con sicurezza e capacità tecnica. Magnifica nell'aria "Tu che le vanità ". Ha sudato sette camicie nel duetto finale del quarto atto, ma se l'è cavata molto bene, segno di grande capacità sia scenica che vocale.

Bella voce ed efficace presenza scenica anche per il mezzosoprano Alexandra Ionis che interpretava Eboli. Indimenticabile nella "Canzone del velo”, nella scena con Elisabetta e nella successiva scena e aria "O Don fatale".

Ma veniamo alle dolenti note: inesistente il tenore Pavel Cernoch nei panni di Don Carlo. Serata decisamente da dimenticare per l’interprete, spesso in ritardo sui tempi e sfasato nei recitativi. Le sue difficoltà hanno spesso messo in difficoltà anche i colleghi. Sotto tono anche Vazgen Gazaryan (Grande Inquisitore) e Boapeng Wang (Frate).

Da ricordare invece il canto accorato dei deputati fiamminghi, Mario Falvella, Giuseppe Matteo Serreli, Zheng Wang, Giampiero delle Grazie, Edoardo Ialacci, David Paccara. Meritano di venire citati Massimiliano Chiarolla come Conte di Lerma, Nicola Domenico Cuocci come Araldo reale e Sara Rossini come Tebaldo e voce dal cielo.

Dopo tanti Don Carlo, si riscopre sempre che Ii personaggio di Rodrigo è quanto mai attuale. Il duetto col Re esprime ciò che ciascuno di noi pensa: la guerra colpisce i popoli che soffrono e gemono, che muoiono per le manie di grandezza di qualcuno. Il Re gli dice che è un sognatore, che le guerre servono per mantenere gli imperi. Il tutto è purtroppo è attualissimo, ma io sto con Rodrigo!

Applausi frettolosi nel finale. Il pubblico era allo sfinimento in quanto l’opera, iniziata alle 20.30, con 2 intervalli di mezz’ora, si è conclusa a mezzanotte e mezza, e appena il direttore ha posato la bacchetta, ho assistito a un fuggi fuggi generalizzato!

Patrizia Zamboni (10 Ottobre 2025)