Un secondo cast in salsa pugliese
Per attirare un pubblico eterogeneo come quello di un teatro di un capoluogo di regione si può fare leva su una regia innovativa, magari dando la possibilità a giovani interpreti di misurarsi con lavori entrati stabilmente nel repertorio canonico. La scelta di affidare la regia del Don Pasquale all’attore Antonio Albanese è andata in questo senso, garantendo però una lettura se non filologicamente corretta, almeno rispettosa dello spirito di Donizetti che con questa famosissima opera buffa ha messo in scena il personaggio immortale di un vecchio avaro deciso a prender moglie “alle sue condizioni”, beffato dal medico di fiducia, che mette in scena una gustosa commedia degli equivoci affinché il matrimonio fra il vecchio possidente (Don Pasquale appunto) e la giovane e squattrinata vedova di cui è innamorato il nipote del protagonista vada in porto.
Dopo un’ouverture con qualche insicurezza proveniente dalle percussioni, il sipario si apre su un’ambientazione “virtualmente” pugliese: Don Pasquale è un facoltoso produttore vinicolo dalla cantina riccamente fornita che fa da sfondo alle vicende del primo atto in cui don Pasquale, intenzionato a prender moglie, intima al nipote Ernesto di andar via. Ai personaggi cui la musica di Donizetti presta corpo e voce fanno da contraltare i servitori, mimi a cui la regia ha voluto conferire un maggiore spessore scenico. L’inganno procede con l’ingresso in scena di Norina, la giovane vedova di cui Ernesto è innamorato, presentata a Don Pasquale come la sorella di Malatesta, appena uscita dal convento, e con la successiva supremazia della donna sul povero don Pasquale. Particolarmente originale l’idea di ambientare l’ultimo atto tra dei filari che nelle scene finali vengono addobbati di fiori e fanno da suggestiva cornice alla serenata notturna dei due innamorati, preludio dello scioglimento finale.
L’opera ha saputo raccogliere gli applausi entusiastici di una platea molto giovane, probabilmente attratta da un gruppo di coetanei che davano prova sulla scena di meritare l’etichetta di giovani promesse: buone le qualità vocali di Adolfo Corrado, forse non perfettamente a suo agio in un ruolo di un personaggio molto più anziano di lui, mefistofelico quanto basta (siamo sempre in un’opera buffa) Biagio Pizzuti nel ruolo di Malatesta. I due innamorati, che hanno raccolto i consensi del pubblico, hanno evidenziato da una parte in Aldasair Kent qualche incertezza esecutiva (i perché di Com’è gentil meritavano altre risposte ed esecuzioni), dall’altra in Paola Leoci una tecnica vocale sicura ed una presenza scenica non comune nel rendere appieno le “trappole” amorose di Norina ed i capricci fonte di disperazione del povero don Pasquale. L’orchestra ed il suo direttore Renato Palumbo hanno saputo prestare degna voce alla melodia di Donizetti. Il secondo cast conferma l’etichetta di promesse della lirica e la regia contribuisce alla piacevolezza del capolavoro donizettiano.