Recensioni - Opera

Bari: Due voci al femminile

Cavalleria rusticana e La voix humaine in dittico al Petruzzelli

            Un atto unico di sicuro successo come la Cavalleria rusticana, con la regia del barese di successo Michele Mirabella, poteva essere abbinato anche in maniera insolita e regalare al Petruzzelli un altro successo. La scelta è caduta sul dramma La voix humaine di Francis Poulenc, breve opera lontana temporalmente e spazialmente dal capolavoro di Mascagni: sintesi perfetta del cartellone 2019 e 2020 del politeama barese, che alterna sapientemente opere note di musicisti italiani a partiture meno note. I dialoghi delle carmelitane di Poulenc inaugurò infatti la stagione 2015, ai tempi del risanamento di bilancio, poi proseguita con due titoli di Puccini, uno di Verdi e con L'elisir d'amore di Donizetti.

            La tragédie lyrique rappresentata per la prima volta nel 1959 del compositore francese, tratta dall'omonimo dramma di Jean Cocteau del 1930, si apre in un appartamento dalla curiosa tappezzeria (estro decorativo o stanza insonorizzata?) in cui sono presenti due letti. Nel corso della rappresentazione due solerti comparse - infermiere trasformeranno l'appartamento, spogliando prima uno, poi anche l'altro letto, in una stanza d'ospedale. Il sipario si apre sulla luce soffusa rosa. La protagonista, e unico personaggio parlante della breve opera, è intenta a conversare al telefono prima con le centraliniste, poi con l'uomo che ancora ama e che ha deciso di interrompere la relazione. In 40 minuti la sola voce femminile, prevalentemente al telefono, passa in rassegna tutte le sfumature di una donna abbandonata e probabilmente tradita. La regia di Emma Dante ha previsto tre ballerini, un uomo e due donne, per evidenziare sulla scena l'alter ego della protagonista felice e la donna abbandonata che, nella proiezione della voce della protagonista, si toglie la vita. Il finale lascia in vita la protagonista, ricoverata in una clinica probabilmente per tornare alla vita dopo il tentativo di suicidio con le "dodici compresse di sonnifero" a cui si accenna. Tenere il palcoscenico da sola per 40 minuti non è semplice. Anna Caterina Antonacci, molto apprezzata dal pubblico, lo fa con intensità e con una voce che si adatta a tutta la gamma delle sonorità di Poulenc.

            Nell'intervallo tutto cambia, si amplia perfino il palcoscenico, che si apre su quello che, nel linguaggio cinematografico viene definito un esterno giorno: la piazza del paesino della Sicilia in cui è ambientata la Cavalleria rusticana. Già dai costumi si comprende che non ci troviamo dinanzi ad un'ambientazione moderna. La facciata della chiesa, preceduta da una scenografica ed insolita scala-anfiteatro, ricorda tanti edifici barocchi sia siciliani (ha qualcosa delle chiese mostrate da Alberto Angela nel programma sui luoghi del Gattopardo, andato in onda la sera della prima), che pugliesi, diciamo "del Regno". La serenata dà piena ragione della potenza vocale di Walter Fraccaro, confermata nel prosieguo dell'opera. Sulla scena emerge ben presto il dramma e la figura centrale dell'opera: il dolente personaggio di Santuzza, esclusa in quanto disonorata e trascurata a scapito di Lola, nei duetti con mamma Lucia, con Turiddu e poi con Alfio. A contrapporsi alla rabbia ed al dolore della donna tradita sono le scene corali, l'Inneggiamo il Signor non è morto accompagnato da quelle processioni, espressione della pietà popolare ben note al regista Mirabella. Efficace, anche se un po' anacronistica, la scelta di inserire nella sacra rappresentazione pasquale e in momenti di attesa mista a tensione (l'Intermezzo sinfonico, ad esempio) bambini e bambine, anch'esse nell'insolita veste di ministranti. Gli applausi finali, debitamente moltiplicatisi all'uscita di Carmen Topciu, molto convincente come Santuzza, più per le doti espressive che per la vocalità, hanno riconosciuto uno dei punti d'unione di queste due opere molto distanti fra loro: i mille imprevedibili esiti scaturiti dal cuore di una donna tradita. Il critico musicale Carla Moreni ha sottolineato nella Conversazione con l'opera il legame delle due opere con testi letterari che vivono di luce propria (Cocteau per Poulenc e Verga per Mascagni), ma, pur apprezzando il testo dei due libretti e le opere letterarie da cui esse derivano, la capacità di rappresentare sulla scena due donne tradite fa quasi scomparire le parole.

            La programmazione del Petruzzelli prosegue, in coerenza con l'accostamento insolito delle due opere brevi, con l'Evgenij Onegin di Čajkovskij e, a dicembre, festività natalizie comprese, con la Bohéme di Puccini.