Recensioni - Opera

Bari: il Petruzzelli chiude la stagione con Boheme

Convince la messa in scena di Hugo de Ana

Tempismo perfetto, quello della Fondazione Petruzzelli, che chiude la stagione 2020 con una Bohème scintillante, giocando con il “mondo fuori” dei giorni che precedono – e seguono – il Natale (l’opera ha debuttato il 18 dicembre ed andrà in scena fino a domenica 29, eccezion fatta per il 24 dicembre, vigilia di Natale: i biglietti delle ultime recite sono pressoché introvabili), per far rivivere la giovinezza di Mimì e Rodolfo e dei loro amici nella Parigi degli anni ’20, secondo le scelte del regista Hugo de Ana.

I due innamorati, che si conoscono casualmente la vigilia di Natale perché il poeta (più prosaicamente giornalista) Rodolfo si attarda a scrivere un articolo, invece di seguire gli amici al Café Momus, vedono sbocciare il loro idillio nella squallida soffitta in cui il giovane condivide la passione artistica e la vita di stenti con altri tre amici, sono proiettati dalla conoscenza iniziale (originale la scelta scenica di “O soave fanciulla”) alla rutilante Parigi degli anni Venti, tra uomini-gallina, marionette e Charlot, con Musetta che canta davanti ad un microfono d’epoca. Il regista ha consapevolmente ricreato l’atmosfera malinconica del circo, affine alla malinconia della vicenda. Giustamente tetra l’atmosfera del terzo atto, in cui i personaggi scoprono di non potersi amare, non perché “Mimì è una civetta”, ma per la tisi, che la porta, come la Violetta verdiana, a lasciare il mondo tra il dolore del suo Rodolfo e degli amici.

Il successo indiscusso della produzione barese va certamente alla scenografia ed alla regia innovativa, che non risente dello spostamento temporale, ma anche della bravura degli interpreti e del direttore Giampaolo Bisanti: Mihaela Marcu (Mimì), Francesco Landolfi (Marcello, forse un po’ meno convincente in alcuni passaggi), Elena Gorshunova (Musetta), Alessandro Spina (Colline), Seung-Gi Jung (Schaunard), Bruno Lazzaretti (Alcindoro/BenoČ‹t). Applausi scroscianti e meritati, oltre che per la Marcu, per il giovane Matteo Desole, dall’aria d’esordio beniamino del pubblico barese (probabilmente non solo). La qualità degli interpreti non è messa in ombra, se mai è amplificata dalla scenografia, che comunque resta il motivo principale per cui questa Bohème barese resterà nella memoria (e negli occhi) degli spettatori.

Daniela Menga (18/12/19)