Convince appieno la compagnia di canto, convenzionale la regia di Alfonso Signorini
L’Arena di Verona per il centenario pucciniano propone per due sole serate un nuovo allestimento della Bohème, con la direzione di Daniel Oren e la regia di Alfonso Signorini, coadiuvato nelle scene da Guillermo Nova.
L’allestimento è sostanzialmente tradizionale. Il grande palcoscenico viene inquadrato da grandi teli dipinti raffiguranti una Parigi oleografica. Gli ambienti sono riprodotti con materiali semitrasparenti, vetrate incorniciate da spessi strati di ghiaccio quasi Parigi fosse il polo nord. Troviamo perciò la soffitta bohemienne, il cafè Momus, l’osteria rifugio di Marcello e Musetta. Non mancano sedie, tavolini, arredi in stile ottocentesco, la stufa, porte, scale e così via. Un allestimento naturalistico che segue in modo fedele quanto descritto nel libretto. Lo stesso vale per i costumi: tradizionali, ma ai limiti dello scontato.
Degna di nota solo la scelta di mostrare Mimì fin dalla prima nota nella sua soffitta, collocata sopra la stanza degli artisti. Da qui la ragazza è intenta ad ascoltare, quasi a spiare, cosa accade sotto di lei, per poi aspettare il momento opportuno per far visita a Rodolfo. Il che dovrebbe suggerire una Mimì abbastanza sfrontata, ma è solo un accenno, appena entrata da Rodolfo tutto ritorna nella più rassicurante tradizione.
Sulle ali laterali del palco vengono poi organizzati due finti laghi ghiacciati con tanto di ballerini che mimano improbabili evoluzioni da pattinatori. Pattinatori che nel terzo atto creano una sorta di doppio di Mimì e Rodolfo.
La regia di Alfonso Signorini è più che convenzionale, a tratti polverosa. Il regista mostra le corde particolarmente nel secondo quadro, dove fatica a muovere coerentemente le masse e dove prevale un’assoluta confusione che non permette allo spettatore di focalizzare la vicenda, anzi a volte nemmeno i cantanti, persi in un bailamme senza struttura e senza controllo.
C’è modo e modo di fare tradizione e la tradizione fatta bene è spesso più difficile dell’innovazione. Non basta mettere i cantanti in scena e seguire più o meno il libretto. Alla Deutsche Oper di Berlino hanno ancora in repertorio la tradizionalissima Bohème di Goetz Friederich degli anni 80 del novecento, che però resta un gioiello di messa in scena, di chiarezza, di organizzazione delle masse. La Bohème di Signorini è a tratti diligente, spesso confusa, decisamente lontana da una regia tradizionale degna di nota.
Ottima di contro la compagnia di canto, che contribuisce non poco alla buona riuscita della serata.
Rodolfo era Vittorio Grigolo, che ha il dono della voce naturale, bella, sonora, omogenea in tutti i registri, facile agli acuti. L’interprete è istrionico, a tratti sopra le righe, ma si concede sempre fino in fondo e incanta invariabilmente. Un passo sopra gli altri, Grigolo è il mattatore della serata, si ascolta e si guarda con piacere. Chi lo critica, e qualcosa da criticare si trova sempre, fa salotto per “Beckmesser” della lirica, il pubblico, quello vero, gli tributa una valanga di applausi. Meritati.
Ottima e molto applaudita anche la Musetta di Eleonora Bellocci, che sembra trovare nei personaggi brillanti una verve e una personalità di interprete assolutamente convincente. Voce sicura, sonora, facilmente piegata alle esigenze del personaggio, la Bellocci salva letteralmente il secondo quadro dalla confusione registica con la sua presenza magnetica e con un “Quando m'en vo'” magistrale.
Mimì era la giovane Juliana Grigoryan, che ha cantato molto bene, ma a cui manca ancora l’esperienza per rendere pienamente convincente il personaggio di Mimì. Voce piena e importante quella della Grigoryan, ma a tratti non sempre immacolata nel fraseggio e nel porgere il canto sulla parola.
Luca Micheletti è stato un ottimo Marcello, spigliato scenicamente e ben impostato vocalmente. Il cantante non ha un volume importante e soffriva il confronto con l’imponente voce di Grigolo. Jan Antem era uno Schaunard lezioso e divertente, corretto e appropriato il Colline di Alexander Vinogradov. Nicolò Ceriani un Benoit di lusso assoluto: preciso, chiaro, divertente e dalla grande voce che riempiva l’Arena. Salvatore Salvaggio, Riccardo Rados, Nicolò Rigano e Carlo Bombieri completavano degnamente il cast.
Daniel Oren è una certezza in Arena, ne conosce le caratteristiche e ci ha regalato una concertazione giusta per lo spazio, riuscendo a evidenziare diverse raffinatezze senza perdere mai il rapporto con il palcoscenico.
La serata, iniziata in ritardo per un improvviso temporale, non ha scoraggiato il pubblico. L’Arena era quasi esaurita e ha festeggiato con entusiasmo tutti gli interpreti.
Raffaello Malesci (Venerdì 19 Luglio 2024)