Recensioni - Opera

Bologna: Il trionfo di Così fan tutte

Al Comunale Nouveau di Bologna torna Così fan tutte a chiudere la trilogia iniziata nel 2023 con Le nozze di Figaro e proseguita con il Don Giovanni

La regia e le scene sono di Alessandro Talevi. Il nuovo allestimento rispecchia bene lo stile del regista che ha voluto trasportare l'ambientazione negli anni sessanta del Novecento, quando il mondo si trovava sul bordo di un grande cambiamento che avrebbe rivoluzionato gli atteggiamenti morali e di conseguenza la società. Tutto questo spinge le due coppie verso l'esplorazione di un'altra morale (più che di infedeltà nuda e cruda), con un'apertura mentale verso una visione relazionale diversa. Le scene lineari e pulite dalle tinte bianche e grige sono formate da tre blocchi mobili, alcune sculture che rappresentano simboli dell'antichità (la fenice, la barca di Caronte, il basilisco), una spiaggia in lontananza che compare negli efficaci video di Marco Grassivaro. I costumi curati dalla sempre brava Stefania Scaraggi, nelle donne riecheggiano quelli da cocktail alla Audrey Hepburn, invece gli uomini sono eleganti in giacca e cravatta. Poi avviene una vera esplosione flower power, dove i protagonisti sembrano direttamente usciti dal film musical "Hair". Don Alfonso invece è da subito un vecchio santone indiano, quasi un Maharishi Mahesh Yogi di beatlesiana memoria.

Lo spettacolo con un buon lavoro nelle luci di Teresa Nagel, è molto curato anche nei movimenti del coreografo Danilo Rubeca che hanno permesso ai cantanti di dare il massimo sul palcoscenico.

Dal punto di vista musicale è stata impeccabile la direzione del maestro Martijn Dendievel, che ha saputo valorizzare al meglio il fascino della partitura mozartiana. Una direzione attenta ad ogni dettaglio, ad ogni sfumatura, fatta con gesti precisi, eleganti, energici, bilanciando i momenti briosi con quelli più delicati e lirici. I cantanti sono stati seguiti con grande cura, con i giusti volumi, in un quanto mai perfetto equilibrio tra buca e palcoscenico.

Pregevole l'accompagnamento al Fortepiano di Nicoletta Mezzini. Il coro del comunale diretto da Gea Garatti Ansini risponde con la consueta compattezza e professionalità nelle poche pagine a disposizione, come la brillante "Bella vita militar".

Il cast vocale è stato semplicemente il migliore che si può trovare per un'opera simile. La Fiordiligi di Mariangela Sicilia ci conferma lo stato di grazia che sta vivendo il soprano, con una serie di personaggi continuamente diversi da loro e interpretati sempre con maestria. La parte è quanto mai impervia, con discese e risalite non facili da gestire. Invece la voce è sicura nelle colorature, nelle filature, negli acuti, ma anche i gravi sono corposi e sonori. Tutto è gestito da un fraseggio curato e da una leggiadra recitazione. Bellissima l’aria “Come scoglio immoto resta" al primo atto e il rondò "Per pietà, ben mio, perdona" del secondo atto.

L'affianca Francesca Di Sauro, una straordinaria Dorabella che crea il giusto impasto con la collega. Il mezzosoprano ha un poderoso volume vocale unito ad una tecnica solida, un timbro scuro, caldo e una seducente presenza scenica che le permettono di interpretare in maniera incisiva le arie “Smanie implacabili”, "È amore un ladroncello".

Vito Priante tratteggia un ottimo Guglielmo, dalla vocalità morbida, ricercata, sonora e ben emessa. L'aria "Non siate ritrosi” è quanto mai calzante e signorile. Marco Ciaponi è un perfetto Ferrando. Il tenore è pienamente a suo agio in questo ruolo e lo dimostra nel migliore dei modi, anche con spigliate doti attoriali. Il timbro è sempre lucente, malinconico e brillante, con gusto nei legati e nelle mezze voci. Da manuale la celebre aria "Un'aura amorosa" cesellata con grande classe e raffinatezza, toccando vertici di forte intensità, così come la splendida cavatina "Tradito, schernito". Giulia Mazzola è una fantastica Despina. La voce scorre fluida, sonora, ben salda in acuto, con una dizione curatissima nelle arie “In uomini! In soldati" e "Una donna a quindici anni". Scenicamente poi è un vero vulcano di energia e simpatia, con i buffi travestimenti e le giocose caricature vocali. Il Don Alfonso di Nahuel Di Pierro si distingue per il suo timbro squisito, pastoso, profondo che unisce disinvoltura e finezza sia nelle scene d'insieme, che nell’aria "Vorrei dir, e cor non ho" del primo atto.

A fine recita un vero e proprio trionfo per tutto il cast come non accadeva da tempo. Il teatro felsineo ricorderà a lungo questa produzione che ha innalzato ancora di più la musica immortale di Mozart. Ed è bello poter esclamare: Io c'ero!

Marco Sonaglia (Teatro Comunale Nouveau-Bologna 1° giugno 2025)