Recensioni - Opera

Bologna: La bohème

Resta iconico lo spettacolo di Graham Vick

Era il 2018 quando al Teatro Comunale di Bologna andava in scena la bohème (premio Abbiati) con la regia di Graham Vick, che con il suo stile inconfondibile rompeva il tabù di un'opera romantica e mielosa.

Lo spettacolo venne ripreso nel 2021 in pieno lockdown, proprio mentre il maestro inglese ci lasciava per una grave forma di covid. Oggi al Nouveau torna questa produzione con la co-regia di Ron Howell e Yamal das Irmich. Ritroviamo le scene e i costumi di Richard Hudson.

La soffitta bohémien assume l'aspetto di un appartamento studentesco con vari mobili, poster (AcDc, squadre di calcio) e un grande bidone della spazzatura. Il Cafè Momus in pieno periodo natalizio, tra luci colorate, pacchi regalo, palloncini e tavolini pieni di gente.

La barriera d’Énfer è uno squallido bassofondo con scene di sesso esplicito, frequentato da barboni, tossici, prostitute e poliziotti corrotti. Nel quarto quadro si ritorna nella soffitta sempre più spoglia, dove Mimì muore abbandonata a terra, coperta da un telo bianco, con davanti le sue scarpette rosse. I vestiti sono moderni e rispecchiano la quotidianità, i movimenti scenici sono ben curati, le luci di Giuseppe Di Iorio sono perfette per delineare ogni atmosfera.

Una lettura cruda, quasi cinica, che non lascia spazio alla speranza, ancora di grande attualità e di incredibile fascino.

In stato di grazia l'Orchestra del Comunale guidata dal maestro Martijn Dendievel. Il direttore si conferma come una delle bacchette più interessanti dell'attuale panorama e dopo lo splendido Mozart degli anni passati, ci restituisce un Puccini quanto mai perfetto. Una concertazione netta, sicura, asciutta, con un lirismo sempre ben sostenuto e soprattutto cogliendo con meticolosità tutte le agogiche della partitura. C'è la passione, la spensieratezza, il dolore e la desolazione, come in una tavolozza luminosa dove i colori orchestrali sono prima soffici e avvolgenti, poi vibranti e tesi. Come sempre impeccabile, preciso, sonoro il Coro del Comunale diretto da Gea Garatti Ansini e il pregevole apporto del Coro di Voci Bianche sotto la guida di Alhambra Superchi.

Karen Gardeazabal è stata una splendida Mimì. Il soprano messicano ha voce adamantina, rigogliosa nel fraseggio, nei filati e nelle mezzevoci. Tutto è gestito con grande musicalità, con gusto e con naturalezza scenica. Esegue "Sì, mi chiamano Mimì" con la stessa classe delle grandi del passato, "Donde lieta uscì" è squisitamente malinconica, "Sono andati? Fingevo di dormire" un crescendo di pathos.

Stefan Pop un ottimo e sicuro Rodolfo. Voce squillante, ben proiettata, ricca di armonici e dal timbro chiaro, che sa piegare anche a delicate sfumature. Affronta senza problemi "Che gelida manina" compresa la puntatura al do, molto credibile anche nei duetti con Mimì e nei momenti d'assieme.

Efficace il Marcello di Vittorio Prato con una brillante presenza scenica che mostra una solida e morbida pasta baritonale, trovando sempre i giusti accenti alle parole.

La Musetta di Giuliana Gianfaldoni è alquanto seducente e capricciosa. Si fa apprezzare per l'emissione fluida, la facilità in acuto, le adeguate smorzature nel civettuolo valzer "Quando men vo" e per la dolorosità finale. Convincente lo Schaunard gioioso, disinvolto, ben cantato di Andrea Piazza. Adriano Gramigni (in sostituzione del previsto Davide Giangregorio) tratteggia un Colline veramente credibile. "Vecchia zimarra" viene eseguita con misura e con una bella cavata grave.

Nicolò Ceriani spassoso e riuscito Benoit, interpreta anche il malcapitato Alcindoro. Completavano felicemente il cast: Yongtianyi Yin (Parpignol), Francesco Amodio (Un venditore), Giuseppe Nicodemo (Un sergente).

Teatro gremito con tanti applausi per i protagonisti e un'autentica ovazione per la Gardeazabal.

Pomeriggio da ricordare per l'ottima esecuzione e soprattutto per l'omaggio alla creatività libera di un grande uomo di teatro come Graham Vick.

Marco Sonaglia (Teatro Comunale Nouveau-Bologna 30 novembre 2025)