Recensioni - Opera

Bologna: Un’amara Cenerentola a orologeria

Successo incondizionato per la ripresa del capolavoro rossiniano nell’allestimento firmato da Emma Dante al Teatro Comunale

Nata nel 2016 per il Teatro dell’Opera di Roma, la Cenerentola di Gioachino Rossini firmata da Emma Dante è stata felicemente ripresa al Teatro Comunale di Bologna come ultimo spettacolo della travagliata stagione 2021.
La regista palermitana, affiancata per le scene da Carmine Maringola e per i costumi da Vanessa Sannino, ambienta l’opera in un ‘700 pop dai colori freddi virati verso il grigio e l’azzurro. All’interno di una scena fissa che rappresenta la facciata di un palazzo, i cantanti agiscono supportati da alcuni elementi scenici che via via caratterizzano le varie ambientazioni. Al loro fianco alcuni attori ed attrici della compagnia di Emma Dante in costume da servitori, che poi è lo stesso indossato da Cenerentola e da Don Ramiro quando si finge cameriere. Caratteristica distintiva è la grossa chiave posta sulla schiena che serve di quando in quando per caricarli, come i pupazzi a molla, affinché possano svolgere le loro mansioni. Un’idea di primo acchito divertente che però tradisce una nota amara: la divisione tra la nobiltà e la servitù, con i secondi trattati come automi, privi di personalità, obbligati ad un’allegria di facciata per compiacere il loro padrone. Situazione che paradossalmente si ribalta nel finale quando, dopo l’unione tra Cenerentola ed il principe, anche Don Magnifico e le sorellastre vengono “addomesticati” tramite l’applicazione di una chiave sulla schiena.
Partendo da quest’idea lo spettacolo si dipana attraverso una serie di gags e controscene di alterna efficacia -bellissima quella che vede protagonisti i “doppi” al primo incontro tra Cenerentola e Ramiro- che, se da una parte mantengono sempre viva l’azione, dall’altro denotano la mancanza dii una vera e propria drammaturgia che le colleghi tra loro.

Lo spettacolo comunque funziona egregiamente, grazie anche ad un cast eccellente: Chiara Amarù ha un rigoglioso timbro mezzosopranile ed ottima tecnica. La sua è una Cenerentola spigliata, dalla voce ricca di sfumature e disinvolta nelle agilità che vengono eseguite con la giusta verve. Al suo fianco Antonino Siragusa conferma l’ottima forma vocale che già avevamo apprezzato nel recente Barbiere scaligero. Il timbro luminoso e l’acuto squillante contribuiscono a delineare un Don Ramiro spavaldo ma capace anche di momenti di suadente lirismo. Se Siragusa attualmente è uno dei tenori rossiniani di riferimento, altrettanto si può dire di Nicola Alaimo a proposito dei bassi buffi. Il suo Dandini è da manuale: istrionico e guascone senza però mai essere eccessivo o caricaturale. Impeccabili il fraseggio ed il sillabato che gli consentono di cesellare con maestria ogni singola battuta. Il Don Magnifico di Vincenzo Taormina cresce in corso d’opera. Se l’aria d’esordio “Miei rampolli femminini” è parsa un po’ trattenuta, la verve comica del personaggio è andata via via affinandosi grazie anche all’ottima padronanza del canto. Rimarchevole la prova di Gabriele Sagona nel non facile ruolo di Alidoro e riuscite anche le caratterizzazioni delle sorellastre: Tisbe (Aloisia Aisemberg) e Clorinda (Sonia Ciani).
Sul podio Nikolas Nägele ha diretto con piglio dinamico e scattante senza però mai prevaricare i cantanti e mostrando attenzione ai momenti più lirici e raccolti. In ottima forma sia il coro che l’orchestra del Teatro Comunale.
Al termine un successo incondizionato tributato da un teatro esaurito e appagatissimo.