Recensioni - Opera

Bologna: Un potente ballo in maschera

Dopo il debutto al festival Verdi nel piccolo teatro di Busseto e le recite nel circuito lirico delle Marche, approda al Comunale Nouveau di Bologna Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi, con la regia di Daniele Menghini

È la terza volta che vedo questo allestimento e ne ho già parlato precedentemente in maniera approfondita. Mi piace però sottolineare nuovamente la fantasia di Menghini, che da bravo osservatore è riuscito a creare uno spettacolo sicuramente originale, ma al tempo stesso rispettoso del libretto. "Un monumento al piacere sopra cui aleggia l’ombra della morte” così lo definisce il regista che ci catapulta in uno spettacolo ricco di particolari e di interessanti riferimenti culturali (Rocky Horror picture show, "Dracula" di Coppola, "Arancia meccanica" di Stanley Kubrick, Tim Burton, Conan il barbaro, il Casanova di Fellini e i pirati dei Caraibi).

Le scene di Davide Signorini aleggiano cupezza tra palloncini, stelle filanti, putti neri e dorati che penzolano dal soffitto, scheletri, teste mozzate, teschi che formano il trono di Riccardo, ma caratterizzano anche l'antro dell’indovina e l'orrido campo. Tripudio di colori con le ottime e potenti luci di Gianni Bertoli, i costumi fantasiosi e rifiniti di Nika Campisi, gli efficaci movimenti scenici e coreografici di Marco Caudera in collaborazione con la Scuola di Teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone”.

Riccardo Frizza, dopo la "Fanciulla del West" di Puccini, torna a dirigere l'orchestra del Comunale con la consueta classe, per una delle partiture verdiane più interessanti. Una lettura attenta a mettere in luce le varie atmosfere tra momenti tetri, lugubri e altri di slancio più lirico, oltre ai pregiati colori orchestrali dove gli archi sempre nitidi si contrappongono ai vibranti legni ed ottoni. La gestione dei tempi è stata quanto mai precisa, come il rapporto tra buca e palcoscenico. Ottimo il coro del Comunale diretto da Gea Garatti Ansini, che ha saputo valorizzare i vari momenti a disposizione, piacevolmente brillante nel secondo atto e solenne nel tragico finale.

Nel ruolo di Riccardo, c'era Fabio Sartori. Il tenore ci è parso quanto mai ispirato, mostrando un timbro omogeneo dal bel colore, unito ad un fraseggio mirabile. Una voce proiettata, squillante negli acuti, ma capace di piegarsi a raffinate e morbide sfumature. Bene la sortita "La rivedrà nell'estasi", ottima la romanza "Ma se m'è forza perderti", cantata con maestria e trasporto.

Maria Teresa Leva ha sostituito la prevista Anastasia Bartoli nel ruolo di Amelia con felici risultati. Ha saputo cogliere sia la donna profondamente innamorata, che la madre disperata. Voce molto scura, che scorre facilmente in alto come dimostrano le arie "Ma dall'arido stelo divulsa" e soprattutto l’intensa "Morrò, ma prima in grazia", ricca di pregevoli legati.

Il personaggio di Renato trova in Amartuvshin Enkhbat l'interprete ideale. Il baritono mongolo ha una voce particolarmente bella, solida, che scorre fluida, con un timbro nobile, pastoso, vellutato. Gestisce con estrema cura sia il fraseggio, che la nitida dizione. Da manuale l'aria “Eri tu” dove riesce a far emergere sia la sete di vendetta, che la profonda malinconia per le dolcezze perdute.

Silvia Beltrami ha voce potente e ricca di accenti per tratteggiare Ulrica. "Re dell'abisso, affrettati" è oscura e interpretata con una magnetica presenza. L'Oscar di Silvia Spessot è squillante, con un buon smalto. Esegue bene la ballata "Volta la terrea fronte alle stelle" e affronta con sicurezza le agilità in "Saper vorreste". Efficaci e sonori i due congiurati Zhibin Zhang (Samuel) e Kwangsik Park (Tom). Valido Andrea Borghini (Silvano), funzionali Cristobal Campos Marin (Primo giudice) e Sandro Pucci (un servo d’Amelia).

Vivo successo per tutto il cast, con picchi di applausi per Sartori, Enkhbat e Leva.

Marco Sonaglia (Teatro Comunale Nouveau-Bologna 16 aprile 2025)