Recensioni - Opera

Bologna: Una travolgente Lucia di Lammermoor

A Bologna torna il capolavoro di Gaetano Donizetti: Lucia di Lammermoor

Una coproduzione con la Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo, dove lo spettacolo è andato in scena nel 2023 al Donizetti Opera Festival nella versione francese del 1839.

La regia di Jacopo Spirei ambienta la vicenda in una foresta dove i cacciatori diventano delle gang di violenti stupratori senza umanità. Le scene di Mauro Tinti sono lineari con dei grandi pannelli con alberi dipinti, dal fondo ogni tanto si apre uno spiraglio prima con un fiore e poi con una immagine più cruda. Al centro del palco troviamo un grande tronco privo di foglie. Nella scena finale viene ampliato il senso di degrado e di inquietudine con un’auto bruciata e i corpi delle donne violentate. Molto efficaci le luci di Giuseppe di Iorio, sobri e moderni i costumi di Agnese Rabatti.

Alla guida dell'Orchestra del comunale c'era il maestro Daniel Oren, che ha optato per una versione parecchio tagliata (circa mezz'ora, tra cui la famosa scena della torre), pur avendo a disposizione un cast di tutto rispetto. La sua direzione però è impeccabile, precisa nei gesti, meno plateale del solito, tutta scavata nei colori e nelle sfumature, passando da pagine di grande delicatezza e di sublime intimismo (basterebbe citare "Verranno a te sull'aure") ad altre più concitate. Oren poi non perde mai di vista i cantanti, creando un ottimo rapporto tra buca e palcoscenico. Oramai è una garanzia il coro del comunale, sempre compatto e ben diretto da Gea Garatti Ansini.

Jessica Pratt ha mostrato la consueta lezione di belcanto per uno dei ruoli da lei più amati.
Il soprano ha una voce vellutata e una tecnica solida che le permettono di governare con facilità i passaggi più estremi, grazie anche ad una omogeneità nei registri e ad una giusta proiezione. Impossibile non sottolineare il fraseggio sempre variegato, gli acuti e i sovracuti adamantini, i virtuosismi irrefrenabili e i sublimi pianissimi. Brava anche scenicamente nel tratteggiare i vari stati d'alterazione mentale della protagonista. Applauditissima la scena della pazzia, con il prezioso intervento di Philipp Marguerre che in questa occasione suona un verrofono moderno (l'erede della glassarmonica, brevettato da Sascha Reckert) dal timbro tremolante, perfetto ad evocare le angosce generate dal senso di vulnerabilità della donna.

Ottimo anche l’Edgardo di Iván Ayón Rivas, il giovane tenore mostra una voce sicura, con una linea di canto morbida unita ad un interessante timbro latino, ricco di legati, armonici e dallo squillo facile. Lo si apprezza nell'aria dell'invettiva cantata integralmente, per la grande passione in "Fra poco a me ricovero" e il finale cesellato sul filo della voce con grande controllo.

Lucas Meachem ha interpretato Lord Enrico Ashton con il giusto impeto, senza eccedere nella crudeltà, aiutato da una imponente presenza scenica e da una buona dizione. La voce è ampia, sicura, ben emessa, con un colore morbido e brunito. Marko Mimica è un Raimondo di lusso, dal caldo timbro pastoso, con una buona salita in acuto. Marco Miglietta un preciso e squillante Normanno. Bene anche Vicenzo Peroni come Lord Arturo Bucklaw e Miriam Artiaco (Alisa).

Successo strepitoso per tutto il cast e trionfo per la Pratt, vera regina della serata, oramai consacrata come una Lucia di riferimento per i nostri tempi.

Marco Sonaglia (Teatro Comunale Nouveau-Bologna 22 febbraio 2025)