Recensioni - Opera

Bregenz: opera sul lago con il cappuccio

Oleografico allestimento di Der Freischütz di Karl Maria von Weber funestato dalla pioggia

Bregenz è famosa per la sua Opera sul lago, di solito caratterizzata da grandi e spettacolari allestimenti scenici. Seconda estate per Der Freischütz di Karl Maria von Weber con la regia e scenografia di Philipp Stölzl, coadiuvato ai costumi da Gesine Völlm e alla drammaturgia da Olaf A. Schmitt.

All’opera, che viene data in un atto unico di due ore, sono stati aggiunti i dialoghi di Jan Dvoƙák secondo un progetto dello stesso regista, inoltre le musiche aggiuntive sono di Ingo Ludwig Frenzel. L’opera viene ridotta per stare nei tempi e in questo caso è stata abbastanza rimaneggiata, con l’aggiunta, invero poco felice, del Diavolo in persona, che ha la funzione di spiegare la trama e di commentare l’azione. Un Diavolo in calzamaglia rossa che richiama più che altro i diavoli presenti nei “Kasperspiele”, ovvero il teatro delle marionette, molto diffuso in Austria.

La scena rappresenta un villaggio innevato, circondato da laghi e paludi. Le case sono sbilenche, infantili. Si inizia con il finale, ovvero il funerale di Agathe, per poi iniziare nuovamente con la spiegazione del Diavolo che si arrampica su un albero scheletrico piantato nel bel mezzo del palco a disturbare solennemente la visuale a tutti. Per il resto la rappresentazione è sostanzialmente classica e oleografica, senza particolari spunti. Gli effetti speciali, per cui è nota Bregenz si limitano all’impiccagione iniziale, un cavallo scheletrico che esce dall’acqua, un balletto di nuoto sincronizzato con nuotatrici con tanto di coroncina luminosa e zampilli di acqua all’intorno. Il tutto non brilla per gusto e originalità.

Almeno fino a quando abbiamo potuto assistere, perché dopo poco più di mezz’ora è arrivato il vero effetto speciale, ovvero la pioggia. Inizia calma, quasi una pioggerellina, ma tanto basta per sollevare mormorii nel pubblico e per avere la platea piena di fruscii di gente che si mette impermeabili e ponci vari. Finito il primo bailamme, torna la calma, ma dieci minuti di opera se ne sono intanto andati per i fatti loro. Poi la pioggia si intensifica, ma a Bregenz, visto che piove sempre, non è previsto che si sospenda la rappresentazione, e allora qualcuno comincia ad andarsene facendo alzare tutta la fila. Insomma la distrazione diventa completa, la serata si trasforma in un happening sotto la pioggia. L’opera è lì, fa da sfondo, ma è impossibile concentrarsi.

Dei cantanti, eroici, non è possibile dire in quanto credo che “Singining in the rain” non sia il mestiere del cantante d’opera.

Piove ancora di più, inevitabile sfoderare il cappuccio dello spolverino o del poncho antipioggia. Detto e fatto: ci si ritrova sotto un cappuccio in cui rimbombano le gocce di pioggia e la musica, già amplificata e microfonata, giunge ovviamente ben ovattata. Pare insomma di essere Rigoletto mentre tiene la scala che permette il rapimento di Gilda: “In tanto buio lo sguardo e nullo!” Poi improvvisamente il gobbo realizza: “Son bendato!”.

Solo che per noi l’esclamazione suona: “Sono incappucciato!”, e continua: “Sto ascoltando un opera incappucciato!”. A quel punto l’ennesimo abbandono che fa alzare tutta la fila, ci trascina inevitabilmente con loro e sotto la pioggia battente abbandoniamo l’opera da ascoltarsi incappucciati.

Ci rivedremo alla stagion dei fiori…

Senza rancore.

Raffaello Malesci (Martedì 29 Luglio 2025)