Recensioni - Opera

Busseto: Un ballo in maschera travolgente

In ogni angolo di Busseto si respira Verdi, il maestro aleggia e ci accompagna nella nostra vita con le sue eterne melodie

E proprio in quel piccolo e magico teatro che porta il suo nome va in scena una nuova produzione del festival, in collaborazione con il teatro comunale di Bologna e con la rete lirica delle Marche.

L'opera scelta è "Un ballo in maschera", da sempre considerato come uno dei suoi (tanti) capolavori.

La regia è di Daniele Meneghini, un artista che da vari anni ci ha abituato a spettacoli fantasiosi, ricchi di elementi innovativi, mai banali e comunque rispettosi del libretto. Non è da meno questo ballo in maschera, che lo stesso regista descrive come "Un monumento al piacere sopra cui aleggia l’ombra della morte”. Un'accattivante orgia visiva dove qua e là si colgono richiami da Rocky Horror picture show al Dracula di Coppola, da Stanley Kubrick a Tim Burton, passando per Conan il barbaro, il Casanova di Fellini e i pirati dei Caraibi.

Le scene curate da Davide Signorini ci mostrano una corte dove domina l'anarchia più assoluta, dove non ci sono regole, ma solo eccessi in un ambiente molto scuro, cupo che poi diventa l'antro dell’indovina, l'orrido campo e il ballo finale (con tanto di Macarena) in un trionfo di palloncini, stelle filanti, ma anche di putti dorati e neri che scendono dal soffitto, scheletri, teste mozzate, teschi che vanno a formare il trono di Riccardo. I raffinati costumi di Nika Campisi passano da smoking neri moderni a richiami barocchi, le luci di Gianni Bertoli sono di grande impatto visivo e perfettamente calzanti con lo spettacolo.

Fabio Biondi dirige l'Orchestra Giovanile Italiana (a ranghi ridotti visti gli spazi del teatro) con un taglio intimista, tendente al cameristico. Ne esce una lettura insolita, a tratti nervosa, con una ricercatezza di atmosfere e di colori interessanti, valorizzando sia alcune pagine dell'opera, che gli ottimi passaggi solistici dei flauti e del violoncello. Il valido e incisivo Coro del Teatro Regio di Parma, diretto da Martino Faggiani, dimostra di essere come sempre all'altezza della propria fama.

Veramente interessante il cast vocale formato da giovanissimi sia in carriera, che usciti dall'accademia verdiana.

Davide Tuscano è un ottimo e preciso Riccardo. Il tenore possiede una voce lucente, morbida, squillante e una baldanzosa presenza scenica che ben si adattano al proprio personaggio. Già dalla sortita "La rivedrà nell'estasi" mostra una sicurezza che ritroviamo nella romanza "Ma se m'è forza perderti" dove pone la giusta attenzione alle sfumature e alle mezzevoci.

Valida anche l'Amelia di Caterina Marchesini, che dopo un inizio tiepido, tratteggia l'aria "Morrò, ma prima in grazia" con grande intensità. La dizione è chiara, buona omogeneità nei registri e nei legati, oltre che interprete appassionata.

Lodovico Filippo Ravizza si conferma come uno dei baritoni più interessanti della sua generazione sfoggiando una linea di canto pastosa e di buon volume. Il suo è un Renato incisivo anche scenicamente fin dalla sua entrata con "Alla vita che t'arride", per arrivare alla grande aria "Eri tu che macchiavi quell'anima" del terzo atto intrisa sia di forte pathos, che di amara vendetta.

Danbi Lee ha voce torrenziale e magnetica presenza, perfetta per Ulrica. Sa porre la giusta attenzione ad ogni parola e lo sottolinea nella lugubre "Re dell'abisso, affrettati". Licia Piermatteo è un Oscar quanto mai azzeccato, vitale, energico, frizzante, che nella canzone "Saper vorreste" sfoggia una bella fluidità vocale, con tanto di variazioni sovracute. Affiatata e incisiva la coppia Silvano e Samuel interpretati dai validissimi Giuseppe Todisco e Agostino Subacchi. Bravi anche Lorenzo Barbieri (Tom) e Francesco Congiu (Un giudice/ Un servo di Amelia).

Grande successo di pubblico, con picchi di applausi per Tuscano e Ravizza.

Marco Sonaglia (Teatro Verdi Busseto 5 ottobre 2024)