
Una sensazione di spettacolo non completamente risolto ha caratterizzato i Carmina Burana interpretati dal balletto dell’Arena di Verona
Per la stagione estiva al Teatro Romano la Fondazione Arena ha affidato la realizzazione di un nuovo balletto su musica dei Carmina Burana di Carl Orff alla coreografa senese Francesca Lettieri.
Sulla carta il connubio si rivelava tanto interessante quanto impegnativo: una coreografa la cui formazione è legata alla danza contemporanea ed un ensemble di matrice sostanzialmente classica; il tutto però alla fine si è risolto in un progetto che ha destato più di una perplessità.
L’intento originale era quello di sviluppare un balletto sui temi di fragilità e forza in alternanza, ridimensionando la componente “accademica” in favore di un lavoro più legato al movimento del corpo e ad una teatralizzazione dell’azione (emblematico a questo proposito è stato il brano “Estuans interius”). Il problema principale tuttavia nasceva dalla natura stessa della composizione scelta: una musica dai ritmi potenti ed ossessivi, oltretutto già di suo carica di molti significati, che, operando una scelta così radicale, andavano inevitabilmente rimossi o accantonati. Da qui forse la scelta di tagliare qualche inciso e di non concludere con la prevista ripresa di “O fortuna” ma con uno spostamento di brani dopo “Ave Formosissima”.
Nel complesso lo spettacolo oscillava tra passaggi più squisitamente tecnici di matrice classica (che peraltro sembravano i più calzanti, quali ad esempio la danza di “Uf dem anger” o “In trutina”) ad altri in cui l’azione fisica prendeva il sopravvento ed apparentemente sembrava slegarsi dalla musica. A volte poi le due componenti si fondevano con risultati anche efficaci, penso ad esempio a “Stetit puella” con tre ballerini che rotolavano in terra a proscenio mentre dietro di loro altri danzavano, tuttavia la sensazione era sempre quella di flash più o meno riusciti all’interno di un disegno non perfettamente sbozzato.
Buone le prove dei solisti Maria Eugenia Rivas Medina e Zheren Pan, efficaci sia a livello tecnico che interpretativo.
Al termine il pubblico, che durante lo spettacolo si era mostrato abbastanza trattenuto ha accolto cordialmente interpreti e coreografa.
Davide Cornacchione 17 agosto 2009