Recensioni - Opera

Cavalleria Rusticana e Pagliacci: una produzione degna degli alti standard a cui ci ha abituato il Teatro Municipale di Piacenza

Convincente la compagnia di canto

Questa produzione, frutto della sinergia tra il Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, il Teatro Galli di Rimini, il Teatro dell’Opera di Sofia e appunto il Teatro Municipale di Piacenza ci ha fatto passare un piacevolissimo pomeriggio di musica e canto, e per una nostalgica come me, anche qualche emozione.

La regia è di Plamen Kartaloff, sobria senza troppi fronzoli, funzionale. Non disturba mai la narrazione della storia. Le scene di Giacomo Andrico sono minimali: c’è una scenografia fissa che ricorda un qualunque paese del sud d’ Italia, con una piazza, delle stradine. Il colore dominante è il giallo, giallo sole, tipico del meridione. La piazza diventa scenario per il ritrovarsi dei paesani prima di entrare in chiesa, per la taverna della mamma di Turiddu. Immancabile la processione, forse troppo statica, con due statue, una della Madonna e una di Gesù che vengono fermate sul palcoscenico dopo un primo passaggio, invece di entrare in Chiesa. In Pagliacci la piazza si arricchisce di una pedana rossastra, che diventa il palcoscenico della recita di Pagliaccio, delimitata ai tre lati da tende trasparenti gialle lateralmente e rosse nel fondale.

Cosa strana, il regista fa cantare “La commedia è finita” da Canio, invece che da Tonio, il sipario viene chiuso sempre da Canio mentre Tonio applaude dalle gradinate. Buone le luci di Stefano Mazzanti che crea le giuste atmosfere in Cavalleria, mentre nei Pagliacci utilizza toni di viola, precursori della tragedia che avverrà. Interessanti e consoni alle due storie i costumi di Nella Emil Dimitrova-Stoyanova.

Il Maestro Aldo Sisillo ha guidato da par suo l’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini. La sua è stata, come sempre, una direzione impeccabile. I colori racchiusi nelle due partiture hanno visto la luce: più dolce in Cavalleria, dove l’intermezzo è stato il momento più emozionante. Più vibrante e focoso in Pagliacci. Perfetta la sintonia tra l’orchestra e il palcoscenico, con suoni calibrati che non hanno mai coperto le voci. Il Coro Lirico di Modena, diretto dal Maestro Corrado Casati ha dimostrato buona coesione e alta professionalità. Bravo il Coro Voci Bianche del Teatro Comunale di Modena diretto da Paolo Gattolin.

Teresa Romano era Santuzza: ha un volume notevole che ha utilizzato in pieno, soprattutto nell’invettiva contro Turiddu. Appassionato il suo “Voi lo sapete, o mamma”, è entrata perfettamente nel personaggio. Turiddu era Angelo Villari, che parte benissimo con la canzone siciliana "O Lola, c'hai di latti la cammisa “ e che nel proseguo sfoggia tutta la sua verve drammatica e vocale. Una grande interpretazione la sua sia nel duetto con Santuzza, sia nell’ultimo saluto alla madre “Mamma, quel vino è generoso”.

Ernesto Petti interpreta Alfio, con un canto sempre misurato e validissima presenza scenica. Francesca Cucuzza era Lola, briosa e convincente, civettuola in “Fior di giaggiolo". Eleonora Filipponi ci regala una Mamma Lucia di tutto rispetto.

Per l’opera i Pagliacci sicuramente sugli scudi Angelo Villari, che ha interpretato Canio con sicurezza vocale e scenica, con punte di entusiasmo del pubblico che ha chiesto a gran voce il bis dell’aria “Vesti la giubba”. Il tenore è riuscito ad interpretare gli stati d’animo di Canio emozionando il pubblico con la sua potenza e qualità vocale. Brava Daniela Schillaci in Nedda/Colombina. L’aria “Qual fiamma avea nel guardo” il disprezzo verso Tonio, il finale sono tutti momenti di bellissimo canto e recitazione. Il Tonio/Taddeo di Ernesto Petti è stato decisamente convincente. Bravissimo nel prologo "Si può”, dove il pubblico, preso dall’entusiasmo, ha iniziato ad applaudire prima della frase finale. L’artista ha continuato la performance sempre in maniera corretta e perfetta. Il giovane Hae Kang in Silvio è stato molto apprezzato e altrettanto valido il Beppe/Arlecchino di Giuseppe Infantino.

Grande successo per Villari. Applausi convinti anche a Schillaci, Romano, Petti e per il direttore Sisillo.

Pomeriggio sicuramente emozionante, a riprova che se si vuole vedere e ascoltare l’opera lirica con la” O” e la “L” maiuscola, bisogna frequentare i teatri di tradizione, che ormai non sono più la periferia, ma il faro che mantiene vivo questo tipo di spettacoli.