Recensioni - Opera

Cenerentola da favola a Novara

Un inaspettato tuffo nella tradizione e un omaggio all’essenza dell’opera lirica

Primo dei due titoli operistici previsti per la Stagione 2022, debutta al Teatro Coccia di Novara un’elegante Cenerentola nel solco della tradizione, con la regia di Teresa Gargano supportata dalle scene naturalistiche prodotte da Sormani-Cardaropoli e dagli scintillanti abiti a cura della Arrigo Costumi.

L’ambientazione è affidata ad una serie di fondali pittorici trompe-l’oile che vanno a ricostruire ora la decadente dimora di Don Magnifico, ora gli sfarzosi ambienti che tra giardini e imponenti arcate interne tratteggiano il palazzo del Principe, il tutto incorniciato da un arco scenico e un siparietto dipinto che si staglia nel boccascena.

Nella cornice di un impianto scenico semplice nell’impostazione ma ben curato in ogni dettaglio, colpisce la cura registica nello studiare ogni gesto teatrale, dal più plateale al più impercettibile, sempre con una particolare attenzione nell’intrecciarlo con l’esecuzione musicale. La piacevolezza di questa messinscena sta nel ritrovare inaspettatamente quel connubio tra partitura e azione scenica - spesso trascurato negli allestimenti contemporanei - senza sovrastrutture o reinterpretazioni, quasi un omaggio all’opera lirica nella sua essenza. La Cenerentola in sé è un titolo dal sapore amaro nel suo realismo e insieme genuinamente comico in alcuni passaggi grotteschi: il saper esaltare queste caratteristiche con intelligenza, senza strafare, garantisce la riuscita di uno spettacolo leggero e divertente in più passaggi, giocando anche con ironia su clichés operistici stereotipati.

Per sostenere con efficacia uno spettacolo di questo taglio, fondamentale è l’apporto interpretativo dei protagonisti, che soddisfano tutti appieno le aspettative sia dal punto di vista scenico sia dal punto di vista musicale.

Nel cast – in prevalenza giovanissimo - si impone la protagonista Mara Gaudenzi nei panni di Cenerentola. Il mezzosoprano bolognese fa sfoggio di un bel timbro caldo e di un’emissione omogenea in ogni angolo dell’ampia tessitura prevista dal ruolo, dai centri voluminosi alle vertiginose salite in acuto, brillanti nelle agilità gestite tutte con grande disinvoltura. Pregevole e fresco il rondò che chiude il finale ultimo (“Non più mesta accanto al fuoco”), senza la minima ombra d’affaticamento.

Seconda punta di diamante tra i protagonisti è certamente l’istrionico Dandini di Emmanuel Franco. Brillante nel canto come nell’intenzione attoriale, il baritono messicano si conferma grande conoscitore del repertorio rossiniano, dimostrando un’innata attitudine comica capace di accattivarsi facilmente le simpatie del pubblico, sostenuta nondimeno da una struttura vocale di altissimo profilo.

Si disimpegna splendidamente anche il veterano Simone Alberghini, in via eccezionale nel ruolo di Don Magnifico dopo essere stato un Dandini di rilievo già rodato in molte occasioni passate. Brillante sin dalla cavatina “Miei rampolli femminini” ed estremamente espressivo in ogni passaggio che lo vede coinvolto a seguire.

Meno accurato nel fraseggio e nell’interpretazione il Don Ramiro del tenore cinese Chuang Wang, nonostante il solido bagaglio tecnico che gli garantisce squillo e acuti facili in ogni occasione. Oggettivamente impeccabile l’aria “Sì, ritrovarla io giuro”, con tutte le agilità gestite in totale sicurezza e padronanza.
Efficace l’Alidoro di Francesco Leone, forse ancora lievemente acerbo in questo repertorio ma nell’insieme convincente ed autorevole.

Ottima infine la prova delle due sorellastre, impersonate con carattere da Caterina Dallaere (Tisbe) e Maria Eleonora Caminada (Clorinda), quest’ultima con un quid in più a livello di personalità in scena.

Buono anche l’apporto del Coro Colsper preparato da Francesca Tosi.

A condurre il ragguardevole reparto vocale e l’Orchestra Filarmonica Italiana troviamo la felice direzione sfaccettata e pregnante di Antonino Fogliani. Con un’agogica tendenzialmente sostenuta che regala freschezza alla resa complessiva, il Maestro dimostra tutta la sua sapienza in ambito rossiniano sfoggiando un ampio ventaglio di sonorità che spaziano da pianissimi evanescenti a fortissimi penetranti, andando a modulare con efficacia ogni spunto potentemente teatrale di questa partitura.

Al termine, successo al calor bianco per tutti i protagonisti. Attendiamo maggio per il secondo titolo in cartellone (Tosca), confidando in una proposta di altrettanta qualità.

Camilla Simoncini