Esito modesto per lo spettacolo inaugurale delle settimane della musica antica di Innsbruck
Continua la riproposta di titoli desueti alle Innsbrucker Festwochen der alten Musik, questa volta con “Cesare in Egitto”, opera in tre atti del dimenticato Geminiano Giacomelli su un libretto nientemeno che di Carlo Goldoni in tandem con Domenico Lalli. La prima dell’opera risale al 1735 al teatro San Giovanni Grisostomo di Venezia.
La direzione musicale è stata affidata al direttore artistico del festival Ottavio Dantone, mentre la regia al noto e pluripremiato Leo Muscato, affiancato per le scene da Andrea Belli e per i costumi da Giovanna Fiorentini. Alle luci Alessandro Verrazzi.
Un team tutto italiano dunque per un risultato finale purtroppo più che modesto nel suo complesso. Irriconoscibile Leo Muscato, regista solitamente ricco di spunti e trovate, che si limita a proporre una messa in scena scialba, ripetitiva, statica.
L’azione è organizzata su un palco girevole con qualche muro sbrecciato decorato con geroglifici da parco divertimenti. Corona scenica quattro grandi pupazzi a foggia di soldato romano, che dovrebbero rappresentare l’oppressione dei conquistatori in Egitto, ma che ricordano solo i soldatini schiaccianoci di legno colorato in vendita a Natale nei mercatini tirolesi. I costumi sono brutti e banali, con Cesare vestito a metà fra un pompiere e un addetto alle piattaforme offshore.
Non c’è molto altro da dire. Il palcoscenico continua a ruotare ininterrottamente per più di tre ore di spettacolo, i cantanti ad entrare ed uscire diligentemente e a cantare le proprie arie a proscenio. Si brandiscono armi moderne e pistole senza alcuna credibilità o efficacia; la recitazione è inesistente o tutt’al più stereotipata; le poche scene d’azione o con più di due personaggi rasentano il ridicolo; i mimi sembrano passare di lì per caso oltre che provenire da un saggio oratoriale; il finale è diligentemente organizzato a proscenio con i cantanti in fila ad intonare il coretto conclusivo. Si ha la netta sensazione che siano state fatte una manciata di prove frettolose. Un esito veramente modesto che raramente mi è capitato di vedere.
I cantanti, per lo più provenienti dal concorso interno al festival, sono diligenti e fanno quello che possono in un contesto che certo non li aiuta. Tutti eseguono le note, cantare e interpretare è un’altra cosa. Eccoli: Arianna Vanditelli, Valerio Contaldo, Margherita Maria Sala, Federico Florio, Filippo Mineccia, Emőke Barath.
Ottavio Dantone non brilla per varietà di accenti nel dirigere l’Accademia Bizantina.
Il pubblico tirolese si accontenta e regala molti applausi ecumenici a tutti nel finale.
Raffaello Malesci (Domenica 11 Agosto 2024)