Recensioni - Opera

Convince la Beatrice di Tenda a Genova

Protagonisti Angela Meade, Mattia Olivieri e Francesco Demuro

Una sorte poco felice sembrava essere toccata a Beatrice di Tenda opera che, sorta in fretta e furia, venne a patire in modo particolare delle bizze e delle incomprensioni di due star del tempo, come il compositore Vincenzo Bellini ed il non meno ambito e celebrato librettista Felice Romani.

La contesa doveva essere stata ben aspra se quest’ultimo (al tempo critico della Gazzetta Piemontese) scriveva nella sua appendice n. 248 del 2 novembre 1836 in occasione della ripresa torinese dell’opera: “Io per mala fortuna fui complice del suo martirio in Venezia; ma complice mal mio grado, come ognun sa, e come non voglio ripetere per non offendere i morti e non annoiare i vivi” - e ancora - “ Mal consiglio fu quello, per lasciare il linguaggio figurato, di riprodurre un'opera già sfortunata altrove e sfortunata fin dal suo nascere: opera a cui dal lato drammatico manca il prestigio della novità, poiché il soggetto è un'imitazione dell'Anna Bolena; opera che dal lato musicale ha il vizio di molte reminiscenze, e palesa la fretta con cui fu composta; opera, in una parola, che raggirandosi tutta sovra tristissima istoria riesce troppo malinconica e soverchiamente monotona“.

Mi sembra chiaro dunque che, fin dalla sua nascita, a detta di uno dei suoi creatori, questo spartito patisse di alcune problematiche principalmente legate ad una drammaturgia slegata ma, trattandosi di repertorio belcantistico per eccellenza, un buon cast vocale e scenicamente efficace avrebbe certo contribuito (almeno in parte) a superare questi inciampi. Ottimo lavoro ha fatto allora il Teatro Carlo Felice di Genova che in occasione del progetto “Genova capitale del Medioevo 2024”, ha voluto presentare, in coproduzione con il Teatro La Fenice di Venezia, questo titolo di così rara esecuzione (penultimo nella produzione del catanese) con un cast davvero di ottimo livello. Il dramma storico tratto da un lavoro di Carlo Tedaldi Fores e narrato dalla coppia Bellini-Romani (16 marzo 1833 la prima al Teatro La Fenice) non cessa altresì mai di ammaliare ad ogni suo nuovo ascolto per la potenza evocativa e la toccante aderenza alla parola che si muta sempre in sentimento, distaccandosi dal suo contesto per farsi universale dramma umano e proprio in quest'ottica sembra vederlo il regista Italo Nunziata, in collaborazione con lo scenografo Emanuele Sinisi ed il costumista Alessio Rosati.

Lo spazio scenico quasi claustrofobico, in cui quinte e squarci nelle pareti si alternano a vista con un sapiente gioco di piani, sembra rimandare infatti ad un contesto in cui ognuno è prigioniero del proprio ruolo dal quale risulta impossibile staccarsi e l’ambientazione fine Ottocento sembra in questo senso cristallizzare ancor più le emozioni dei personaggi. Il lavoro con gli artisti ha poi contribuito ad impostare una recitazione molto naturale e priva della ricerca di uno sterile effetto. Detto questo, Beatrice di Tenda risulta testimone del repertorio belcantistico per eccellenza e solo una giusta interpretazione vocale può renderle davvero giustizia. In questo caso il cast scelto si è mostrato di ottimo livello sia per vocalità sia per costante espressività esecutiva, così importante in Bellini le cui melodie richiedono un dominio tecnico d’acciaio unito ad una cesellata morbidezza d’ accento.

Angela Meade scolpisce il carattere dell’infelice Beatrice attraverso l’alabastro della sua vocalità, caratterizzata da un timbro saettante ed imponente sempre venato però da mille sfumature e padroneggiato attraverso una tecnica che consente all’artista di sfumare il più robusto accento nella levità di un sospiro. L’interprete poi è vibrante e sempre attenta alla parola ed al fraseggio, dominato e sfiorato in ogni minimo respiro.

Non da meno si sono portati gli uomini al suo fianco. Mattia Olivieri, quale Filippo Maria Visconti, ha confermato una timbrica eccellente e sempre calibrata sul carattere interpretato che, mosso e diversificato attraverso un attento gioco espressivo, risulta sempre teatralmente raffinato e musicalmente preciso.

Certo una delle parti più ingrate per il tenore (ai quali Bellini non faceva certo sconti) quella di Orombello (oltre a non suscitare incredibile simpatia) non gode neppure dell’onore di un’aria classica (se escludiamo “Angel di pace “) ma subisce una scrittura che dire impegnativa sarebbe un eufemismo, deve dunque cantare bene altrimenti:“… avremmo noi veduto […] il povero Orombello, torturato anzi tempo, uscir fuori senza voce e senza coraggio, pallido, rabbuffato e febbricitante?" (F. Romani Gazzetta Piemontese appendice n. 248 del 2 novembre 1836). Fortunatamente non è stato questo il caso in quanto Francesco Demuro si è confermato una delle vocalità più interessanti del momento. Oltre ad un timbro dal bel colore ed intensità che l’artista usa sempre con estrema morbidezza, egli ha mostrato una bella dimestichezza con le numerose puntature della partitura, affrontate con una sicurezza che univa all'esperienza una sensibile misura espressiva e teatrale.

Molto bene anche Carmela Remigio, impegnata quale Agnese del Maino, che ha caratterizzato con la consueta vibrante timbrica mai disgiunta da una mordente drammaticità.

Completavano il cast Manuel Pierattelli (Anichino) e Giuliano Petouchoff (Rizzardo del Maino).

Davvero ottima la prova del Coro del Teatro Carlo Felice diretto da Claudio Marino Moretti.

Complice ed artefice di questo bel successo (che sembra voler riportare il palcoscenico genovese a programmazioni sempre più attente e competitive) Riccardo Minasi ha dato una lettura della partitura particolarmente vibrante ed avvolgente, andando da un lato a sottolinearne il lirismo e dall’altro ad evidenziarne (attraverso un attento lavoro con il cast) le novità che per certi aspetti sembrano spingere l’opera verso una dimensione teatrale assai più tarda.

Grande successo da parte del pubblico che gremiva il teatro.

Genova, 15/03/2024