Recensioni - Opera

Verona: È la fede delle femmine come l’araba fenice

Così fan tutte, ovvero la scuola degli amanti di Mozart apre la stagione autunnale  del Filarmonico 

Finalmente il Teatro Filarmonico di Verona può tornare con la sala a piena capienza per inaugurare la nuova stagione con il così fan tutte di Mozart. Insieme al Don Giovanni e alle Nozze di Figaro, quest'opera divertente ma che scandaglia in profondità i sentimenti umani, è tra le più godibili del repertorio nel maestro di Salisburgo. Dopo quasi due anni di pandemia, questo spettacolo rincuora il pubblico veronese che per qualche ora si diverte e lascia fuori dalla sala tutti i problemi.

Il finto tradimento architettato da don Alfonso, lascia un po’ di amaro in bocca agli uomini che, inizialmente restano feriti, ma poi perdonano le loro fidanzate, consapevoli del fatto che loro stessi avrebbero fatto la medesima cosa e che altre due fanciulle in fondo non si sarebbero comportate in maniera diversa nella stessa situazione. Nel libretto, Fiordiligi e Dorabella sono donne ferraresi e l’azione si svolge a Napoli, ma la collocazione spazio-temporale dell’opera può essere spostata in ogni angolo di mondo e in ogni tempo senza alcun problema.

L’allestimento, affidato al regista Yamal Das Irmich, resta nella scia della tradizione anche se l'azione viene trasferita in un'epoca più vicina alla nostra, e non si fa alcun accenno a Ferrara piuttosto che a Napoli. Le due ragazze infatti vivono in una non ben identificata cittadina americana degli anni Cinquanta del Novecento. Le scenografie funzionali di Angelo Finamore sono in armonia con la regia, anche se con delle differenze evidenti tra primo e secondo atto: il primo atto ci mostra lo spazio arredato e il secondo vuoto, fatta eccezione per i palloncini con i cuori rossi. Graziosi i costumi di Silvia Bonetti, che gioca con le tonalità bianco, grigio e nero, destinando il fucsia solamente alla carismatica Despina. Di dubbio gusto l’accessorio maschile utilizzato per gli uomini nel secondo atto.

Buono il cast esibitosi. Il soprano coreano Vittoria Yeo ha un buon fraseggio, buone agilit, un’ottima tecnica, ma il suo punto di debolezza è stata la scarsa civetteria seduttiva necessaria alla sua Fiordiligi. Chiara Tirotta è una Dorabella credibilissima: il personaggio le si addice alla perfezione. Voce con buon timbro, anche se cade un po’ nelle note più basse. Il ruolo di Despina è stato interpretato da Enkeleda Kamani senza incertezze di ruolo e nemmeno di voce. Il toscano Alessandro Luongo è un Guglielmo affascinante: il palcoscenico è tutto suo. Bella voce da seduttore. Il tenore Marco Ciaponi ha dimostrato un buon legato e buona sicurezza nella parte affidatagli. Alfonso Antoniozzi interpretativamente impareggiabile, ha perso un po’ di smalto, ma è sempre un bel sentire.

Il Maestro Francesco Ommassini guida con il giusto brio l’orchestra areniana posizionata fuori dalla buca coi vari strumenti divisi dai pannelli in plexiglas per ragioni sanitarie. In taluni momenti questo ha un po’ penalizzato il suono, ma d’altra parte forse diversamente non era possibile fare. Sempre puntuale il coro preparato da Vito Lombardi ormai giunto alla sua ultima produzione per la Fondazione Arena.

Il pubblico non è ancora numeroso, forse per timore della ripresa dei contagi, ma nei prossimi appuntamenti la speranza è di avere una sala al completo.