Recensioni - Opera

Cremona: Ifigenia nella Magna Grecia

Solarità e vitalità mediterranea nell’allestimento dell’opera di Gluck al Teatro Ponchielli

È una Grecia che profuma di Sicilia quella immaginata da Emma Dante per il bellissimo allestimento di Iphigénie en Tauride di Christoph Willibald Gluck prodotto da OperaLombardia che è andato in scena al Teatro Ponchielli di Cremona. Qui troviamo la dirompente vitalità mediterranea nei movimenti coreografici delle bravissime attrici; la sacra processione con tanto di baldacchino stilizzato e turibolo e tutta la solarità del sud che erompe in questa tragedia, che poi del tutto tragedia non è dato che si conclude con un lieto fine.

La vicenda viene immaginata in una Grecia dai tratti stilizzati in cui le semplici ma efficaci scenografie progettate da Carmine Maringola si fondono con i corpi degli interpreti, che, complici i costumi di  Vanessa Sannino, possono diventare Cariatidi che sorreggono un tempio ma anche il bassorilievo nel quale sono mirabilmente riassunte le vicende degli Atridi.
Emma Dante riduce tutto all’essenziale, puntando su una simbologia semplice ma potente, che comprende altalene fiorite, funi con le quali le Erinni legano Oreste, Diana che arriva a cavallo di uno scheletro di cervo. Immagini visivamente bellissime rese più vive da un costante pulsare di corpi che crea un efficace contrasto con l’apparente linearità della scena. Uno spettacolo soggiogante cui ha fatto da contraltare un’eccellente resa musicale.

Alla testa dell’Orchestra dei Pomeriggi musicali e del Coro Operalombardia, entrambi (soprattutto la prima) in forma decisamente migliore rispetto ad altre occasioni, Diego Fasolis ha optato per una concertazione asciutta, guizzante, ma estremamente raffinata e ricca di accenti. Perfetti l’equilibrio con il palcoscenico e la tenuta drammatica della narrazione.
Nel ruolo del titolo Anna Caterina Antonacci ha regalato un’interpretazione da vera fuoriclasse. Magnetica sulla scena, straordinaria nel canto il soprano ferrarese, francese d’adozione (dettaglio che emerge nell’impeccabile dizione), dà vita ad un’interpretazione raffinatissima, cesellando ogni dettaglio, ogni sfumatura, in un’immedesimazione pressoché totale con il personaggio.  Al suo fianco Bruno Taddia è un’Oreste eroico, dal timbro quasi baritenorile che gli consente di disimpegnarsi con disinvoltura nella tessitura alta. Ottimi anche i momenti più lirici, sia quando si relaziona con la sorella che con l’amico Pylade, interpretato dall’ottimo Mert Süngü, premiato in più di un’occasione da applausi a scena aperta. Michele Patti è un Thoas incisivo ed autorevole e ben delineati sono i ruoli di contorno ovvero: Marta Leung (Diane/Una donna greca), Luisa Bertoli e Miriam Gorgoglione (Prima sacerdotessa), Erica Rondini e Chiara Ciurlia (Seconda sacerdotessa), Alessandro Nuccio (Uno Scita), Ermes Nizzardo (Ministro del tempio).
Al termine applausi calorosissimi da parte di un Teatro Ponchielli in cui purtroppo si notavano molte poltrone vuote.