Precisa e convincente la concertazione di Riccardo Chailly. Illustrativa la regia
Dopo la tradizionale inaugurazione del 7 Dicembre, continuano al Teatro alla Scala le repliche di Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmitrij Šostakovič.
La direzione è in mano alla bacchetta esperta di Riccardo Chailly. La regia è stata affidata a Vasily Barkhatov, con le scene di Zinovy Margolin, i costumi di Olga Shaishmelashvili e le luci di Alexander Sivaev.
Riccardo Chailly convince ampiamente con una concertazione intensa e coinvolta, esplosiva negli intermezzi sinfonici, dolente nelle scene tragiche, con l’Orchestra del Teatro alla Scala in gran spolvero, decisamente in sintonia con il proprio direttore. Dopo il malore che ha colto il maestro alla seconda replica dell’opera, Riccardo Chailly è stato particolarmente festeggiato dal pubblico scaligero.
Lo spettacolo, curato dal regista Vasily Barkhatov, non lesina sicuramente in mezzi e disponibilità come nelle migliori tradizioni delle inaugurazioni scaligere. Il regista trasforma l’ambientazione rurale dell’opera, spostando la vicenda in un grande ristorante, affollato di cuochi e camerieri. Del ristorante, sontuoso e in stile sovietico, si vedono il salone con i tavoli apparecchiati, una svettante balconata e grandi lampadari modernisti che pendono da soffitto. Questa scena si alterna con il retro del locale, una grande quinta a più piani che scivola in scena e scompare alla bisogna. Qui vediamo le cucine, le scale, il ripostiglio e l’ufficio del suocero Izmailov. Negli ultimi atti irrompe la neve e una camionetta per il trasporto dei prigionieri.
Il regista risolve le scene più scabrose con l’ausilio di un immaginario “flash forward”, in cui si immagina Katherina già in arresto a mimare e riprodurre per la polizia le scene criminali, probabilmente prima di essere deportata. Questa soluzione permette al regista di mantenere una certa distanza dalle scene più scabrose e sessuali, edulcorandole in una sorta di rappresentazione per gli inquirenti. Spesso la scena diviene grottesca, con le parti di fianco che si immaginano interpretate da poliziotti, ovviamente ridanciani e poco partecipi. Nel finale anziché annegare nel lago ghiacciato trascinando con sé la rivale, Katherina si da fuoco finendo bruciata come una torcia umana.
La regia è ragionata ed espletata con cura, ma non riesce ad avere idee pregnanti e rimane sostanzialmente illustrativa. Ha dalla sua la sontuosità e l’accuratezza delle scene e dei costumi, la precisione dei movimenti e dell’azione scenica. Di contro edulcora la musica e la drammaturgia di Šostakovič, mescola i piani narrativi creando confusione, eccede nel riempire la scena di comparse ammassate in spazi angusti. Nel finale il colpo di teatro con le fiamme non sortisce l’effetto sperato, lasciando più che altro un grande odore di bruciato in sala.
Il cast, tutto di specialisti, convince nel suo insieme. Sara Jakubiak (Katerina L’vovna Izmajlova) non è sempre in parte scenicamente, ma è dotata di voce ampia e timbrata. Vocalmente convince su tutta la linea. Najmiddin Mavlyanov (Sergej) domina la parte con sicurezza, superando senza sforzo le volute orchestrali. Alexander Roslavets (Boris Timofeevič Izmailov) ha voce appropriata e facile agli acuti.
Professionale e preciso tutto il resto del numeroso e coeso cast: Yevgeny Akimov, Alexander Kravets, Chao Liu, Valery Gilmanov, Jirí Rajniš, Ivan Shcherbatykh, Oleg Budaratskiy, Massimiliano Difino, Ekaterina Sannikova, Goderdzi Janelidze, Elena Maximova, Laura Lolita Perešivana, Xhieldo Hyseni, Huanhong Li, Vasyl Solodkyy, Haiyang Guo, Antonio Murgo, Joon Ho Pak, Flavio D’ambra.
Successo pieno nel finale con molti festeggiamenti per il Maestro Chailly.
Raffaello Malesci (Martedì 16 Dicembre 2025)