Recensioni - Opera

Dodicesima notte in musica

Il testo shakespeariano debutta all’Estate Teatrale Veronese con la regia di Carlo Cecchi e le bellissime musiche di Nicola Piovani

Uno spettacolo molto classico, lineare, quasi cartesiano è la Dodicesima notte firmato da Carlo Cecchi che ha debuttato al Teatro Romano di Verona durante il 66° Festival shakespeariano.
Anche in questo allestimento, come nel precedente Otello, la scenografia era ridotta all’essenziale, nello specifico una pedana rotante ed alcuni mobili che entravano ed uscivano di scena. Tutta la drammaturgia era quindi affidata al talento degli attori e sulle efficaci musiche composte da Nicola Piovani.
 

Il compositore romano ha infatti scritto una serie di brani molto melodici ed accattivanti che non si limitavano ad intervallare le varie scene ma costituivano una sorta di suite che creava e rafforzava di volta in volta le atmosfere in perfetta sinergia con la regia.
Senza volersi addentrare in impegnativi confronti con altre musiche di scena (Mendelssohn in primis) mi sento di affermare che questa partitura potrebbe tranquillamente godere di fortuna anche in sede di concerto, svincolata dallo spettacolo.
Avvalendosi di questo azzeccato supporto Cecchi ha cercato di rendere il più lineare possibile l’intricata vicenda, riservando per sé la parte del beffato Malvolio, ed in questa operazione è stato perfettamente assecondato dal cast, in gran parte costituito da giovani.
Certo si potrebbe obiettare che letture più innovative, che vadano al di là di una mera “rappresentazione” potrebbero suscitare maggior interesse, soprattutto all’interno di un festival, tuttavia, data la precaria situazione teatrale, e più in genere culturale, italiana, già il poter assistere ad uno Shakespeare ben realizzato, per quanto tradizionale, è risultato più che apprezzabile.
All’interno del cast, dominato dal malinconico Malvolio di Carlo Cecchi e dal debordante Sir Toby di Tommaso Ragno, spiccavano il musicale Feste di Dario Iubatti e lo stralunato Sir Andrew di Loris Fabiani.
Interessanti, ma forse un po’ troppo tecnici ed ancora poco smaliziati, la Viola di Eugenia Costantini, l’Orsino di Remo Stella e l’Olivia di Barbara Ronchi.
Il pubblico del teatro Romano, accorso numeroso in una delle poche sere in cui l’imprevedibile clima di luglio lo ha consentito, ha applaudito con calore e convinzione

Davide Cornacchione 18/07/2014