Recensioni - Opera

Eccesso e sregolatezza di Don Giovanni

Lo spettacolo di Filippo Timi sul “burlador” di Siviglia al Teatro Ponchielli

Il Don Giovanni nella versione di Filippo Timi ha fatto tappa a Cremona per due serate che hanno visto il Teatro Ponchielli registrare un doppio tutto esaurito.
L’attore umbro (in questo caso anche regista, drammaturgo e scenografo) sceglie di confrontarsi con questo mito dell’età contemporanea partendo dalla versione di Mozart di cui mantiene sostanzialmente il plot ed  i personaggi, fatta eccezione per l’inserimento di Ludovico, cameriere di Donna Elvira.

Don Giovanni è un personaggio che fin dall’inizio è cosciente del suo destino e quindi, con atteggiamento bulimico, cerca di vivere la propria vita sino in fondo, non trascurando alcun piacere ed alcuna esperienza. Assistiamo così ad uno spettacolo in cui l’eccesso ed il “barocco” si fondono ad una visione ironica e beffarda dell’esistenza. Tutto è esagerato: i costumi, bellissimi di Flavio Zambernardi, i personaggi, quasi caricaturali, le situazioni, spesso portate al parossismo. Questo comunque non si traduce quasi mai per il pubblico in una sensazione di saturazione. Passato l’iniziale straniamento, una volta entrati nel gioco, lo spettacolo procede con un buon ritmo e continue invenzioni che contribuiscono alla tenuta del ritmo.
Vero è che nel complesso alcuni passaggi, soprattutto nel finale, avrebbero beneficiato di qualche taglio qua e là, ma si sarebbe trattato di poche manciate di minuti.
Timi piace al pubblico, soprattutto femminile, e ne è perfettamente cosciente, basti pensare alla selva di mani alzate quando all’inizio si tuffa in platea per chiedere quali donne vogliono essere baciate da lui.  Per questo costruisce un Don Giovanni guascone, anche un po’ gigione,  che instaura fin da subito un buon rapporto di complicità con il pubblico e che stempra con ironia e divertimento tutti gli eccessi che si concede in scena.
Il suo è un Don Giovanni vitale, fisico, carnale (non a caso assistiamo anche ad un paio di nudi), che si contrappone all’ineluttabilità della vita con un ghigno beffardo, velato di una buona dose di humor nero.
Accanto a lui agisce un’umanità che poco o nulla ha conservato di poetico: il commendatore (Fulvio Accogli) è un vecchio che oltre ad inalare gas esilarante (lo si intuisce dal timbro di voce) ha dei rapporti incestuosi con la figlia Donna Anna (Elena Lietti)  costretta su una sedia a rotelle dalla quale però si alzerà alla morte del padre, in segno di liberazione.
Una volta morto il  genitore Donna Anna instaurerà un rapporto sadomaso con lo smidollato Don Ottavio (Matteo De Blasio) ed insieme andranno alla ricerca di chi ha ucciso il Commendatore, reo non tanto dell’omicidio, quanto di averle impedito di compiere quest’azione, da lei vagheggiata fin dall’infanzia.
Donna Elvira (Lucia Mascino) è una grintosa petulante costretta a parlare in inglese per cercare di eccitare Don Giovanni ed indurlo a restare con lei.
Zerlina (Marina Rocco) è forse il personaggio femminile più sfaccettato: una contadina un po’ coatta, civetta, ingorda di cioccolata, che però ha  i suoi sogni e i suoi ricordi (il suo monologo su Gesù bambino nel presepio vivente è il momento più poetico dello spettacolo).
Masetto (Roberto Laureri) è il classico popolano ruvido e sempliciotto in netto contrasto con i due camerieri Leporello (Umberto Petranca) e Ludovico (Alexandre Styker) ovvero due gay vestiti con improbabili calzoni che non disdegnano di flirtare tra loro.
Nonostante il tono fortemente surreale il pubblico si è lasciato trascinare con grande divertimento in questa messinscena partecipando spesso attivamente e tributando vere e proprie ovazioni al termine della rappresentazione.

Davide Cornacchione 28/02/2015