Recensioni - Opera

Ensemble convincente per la Fanciulla del West a Cremona

Cast e messa in scena segnano il successo per l’opera di Puccini

Opera complessa “La Fanciulla del West” di Giacomo Puccini, non solo perché richiede un terzetto di solisti di primordine, ma soprattutto per la pletora di cosiddetti comprimari, che in realtà sono fondamentali per la buona riuscita dell’opera.

In fondo i veri protagonisti sono loro: il gruppo di minatori che ruotano intorno alla figura di Minnie. Puccini si trovava in una fase avanzata della propria carriera e la Fanciulla, tratta da un dramma di David Belasco, ebbe l’onore di debuttare nel 1910 al Metropolitan di New York, diretta da Arturo Toscanini. Forte dei successi acquisiti di Tosca, Bohème, Butterfly; Puccini può veramente comporre in piena libertà e senza restrizioni di mezzi. Ne esce un’opera con tre voci principali e ben quindici ruoli “minori”, prevalentemente maschili, oltre al coro esclusivamente maschile. La produzione di OperaLombardia ha avuto il merito di selezionare una squadra complessivamente di ottimo livello, che ha assicurato il pieno successo dell’opera sia a Cremona che negli altri teatri del circuito Lombardo.

La regia è stata affidata ad Andrea Cigni, che imposta la messa in scena con grande attenzione al gruppo, attualizzandola ma restando completamente fedele ai dettami del libretto, fin nei minimi particolari. Una grande pedana inclinata domina la scena, le scene sono di Dario Gessati, creando vari ambienti in un vago stile “industrial”. Dalle botole di quest’ultima escono i minatori, quasi vomitati dalla terra, per cercare un po’ di svago e di ristoro alla Polka, la taverna gestita da Nick e Minnie. Nel secondo atto la pedana ruota per mostrarci la baracca di Minnie, sempre in stile postindustriale ma completata da particolari che forse avremmo voluto meno scontati, quale un letto con tanto di trapunta, il tavolino con tovaglietta e così via. Il vecchio West oleografico viene fatto uscire dalla porta ma rientra inevitabilmente dalla finestra. Suggestiva senza essere scontata invece la nevicata visibile in lontananza sullo sfondo. Nel terzo atto si ritorna alla pedana frontale, sopra di essa troviamo un grande albero sospeso, imponente sulla scena, a cui si tenterà di impiccare Dick Johnson. Indubbiamente di grande effetto il colpo d’occhio, anche se poi l’azione del gruppo di minatori e la disposizione essenzialmente frontale di tutti, risulta abbastanza convenzionale e meno accurata rispetto all’organizzazione delle masse del primo atto.

Bella l’idea nel finale di escludere il gruppo di minatori dalla futura felicità di Minnie e Johnson. Questi ultimi infatti vengono avanti a proscenio per il loro duetto finale, un telo nero li separa dai minatori, che restano soli nell’inferno della miniera in cui devono volenti o nolenti ritornare. Prima di essere oscurati dal telo, le botole da cui erano usciti all’inizio inghiottono nuovamente i minatori, riportandoli alla loro vita di fatica e di stenti.

Il libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini è molto preciso e ricco di indicazioni sceniche, spesso collegate alla musica e al testo. Bene fa perciò il regista a seguire con attenzione lo svolgersi della vicenda. Il merito principale sta nell’essere riuscito a preparare i numerosi cantanti ad una prova attoriale sempre fluida e sostanzialmente credibile. Il resto è affidato ad un’atmosfera caliginosa esaltata dalle belle luci materiche di Fiammetta Baldisserri, ottenute con ampio utilizzo di riflettori parabolici (PAR) posti su grate laterali sempre in scena. Nel complesso una messa in scena classica e accurata in cui l’attualizzazione, affidata per lo più ai costumi abbastanza generici di Tommaso Lagattolla, passa in secondo piano.

Cigni non sperimenta, non aggiunge, bensì costruisce relazioni, le rende credibili e intellegibili. La solidità della messa in scena è data principalmente dalla precisione dell’azione che si segue senza difficoltà, risultando coerente e ben orchestrata. Non è poco per un lavoro così complesso.

Ottimo il versante musicale, in particolare per l’omogeneità dell’intero cast vocale. La Fanciulla è opera d’insieme e funziona solo nell’insieme. Minnie era il soprano sloveno Rebeka Lokar, che ci propone, ad onta di un fisico del ruolo lontano dal personaggio, ulteriormente appesantito da costumi non azzeccati, un’interpretazione fremente e appassionata. Partita un po’ fredda nel primo atto, dà il meglio nel secondo, forte di una voce duttile e ben gestita, di impostazione e tecnica slava. Al suo fianco brilla Angelo Villari come Dick Johnson. Il tenore siciliano ci fa ascoltare una voce timbrata, potente, sicura e svettante negli acuti, con veri accenti da tenore drammatico. Un’ottima prova vocale per lui, ove sarebbe stato però auspicabile una maggiore spavalderia e un maggior coinvolgimento scenico. L’antagonista Jack Rance era il baritono campano Sergio Vitale, che convince sia vocalmente che scenicamente. Dotato di voce chiara e ben proiettata, scolpisce la parte del cattivo senza timori di strafare e senza paura di “buttare” la voce in platea.

Un plauso generale a tutti gli altri numerosi interpreti, fra cui spiccano il Sonora ben interpretato e cantato di Vladis Jansons; l’Ashby ruvido e timbrato del valente Andrea Concetti e il Nick sonoro, musicale e convincente di Didier Pieri. Ben amalgamati e sempre scenicamente credibili il gruppo di minatori, fra cui spiccano il Bello di Ramiro Maturana e l’Harry di Marco Miglietta. Simpatica e scenicamente spigliata Candida Guida nella piccola parte di Wowkle. Un plauso e una citazione anche per tutti gli altri: Antonio Mandrillo, Federico Cavarzan, Giuseppe Raimondo, Matteo Loi, Maurizio Lo Piccolo, Gaetano Triscari, Christian Federici, Marco Tomasoni e Alessandro Mundula.

Valerio Galli dirige con sicurezza la partitura in versione per orchestra ridotta a cura di E. Panizza. Il direttore esalta in particolare la vena sinfonica della musica di Puccini, creando sempre un buon amalgama fra buca e palcoscenico. Ottimo il coro diretto da Diego Maccagnola.

Successo convinto al Teatro Ponchielli. Il pubblico, in verità abbastanza scarso, ha applaudito calorosamente tutti gli interpreti nel finale.

Raffaello Malesci (21 Gennaio 2022)