Recensioni - Opera

Erl: inaugurazione dei “Tiroler Festspiele” invernali con Rusalka di Antonin Dvořák

Interessante messa in scena della regista svizzera Florentine Klepper e ottima prova dell’orchestra dei Tiroler Festspiele diretta da Alexander Prior

Nel cuore del Tirolo troviamo uno dei festival più interessanti e innovativi dedicati all’opera e alla musica classica: i “Tiroler Festspiele” di Erl, che propongono un variegato programma invernale e una proposta estiva parimenti accattivante. Il festival invernale 2019 – 2020 ha inaugurato con un’inusuale opera lirica di rara esecuzione - “Rusalka” di Antonin Dvořák - messa in scena da un terzetto artistico completamente al femminile: Florentine Klepper alla regia, Martina Segna alle scene e Anna Sofia Tuma ai costumi.

Il compositore ceco Antonin Dvořák (1841 – 1904) è noto principalmente per il successo delle sue opere sinfoniche, ma si dedicò con una certa costanza anche all’opera lirica, di cui Rusalka, andata in scena al Teatro Nazionale di Praga nel 1901, è il suo maggior successo. Si tratta di una fiaba che il librettista Jaroslav Kvapil ha tratto da varie fonti, ispirandosi principalmente alle favole di Hans Christian Andersen. L’opera di chiara ispirazione tardo romantica rivela, accanto ad un sinfonismo di matrice mitteleuropea con evidenti impronte slave, una forte influenza wagneriana, pur con un uso assolutamente personale della tecnica del “Leit Motiv”.

LA STORIA

Come in molte fiabe la drammaturgia è di una semplicità disarmante: Rusalka, una sirena che vive in fondo ad un mare incontaminato, si innamora perdutamente di un principe e per raggiungerlo chiede di essere trasformata in donna. Pur sconsigliata dal padre e signore delle acque, convince una maga a compiere il sortilegio, anche se sulla terra sarà condannata ad essere muta per sempre. L’amore fra i due scocca inevitabilmente, ma la convivenza fra i rispettivi mondi è impossibile, tanto che il Principe si rivolge presto verso un’altra donna. A Rusalka non resta che ritornare indietro e trasformarsi nuovamente in Sirena. Da ora in poi però il mare le rimarrà estraneo e verrà rifiutata dai suoi abitanti. Il principe, pentito, torna a cercarla e decide di baciarla, pur sapendo che questo gesto lo condanna alla morte. Egli muore fra le braccia di Rusalka a simboleggiare che l’unione fra il mondo freddo, puro e incontaminato del mare e il mondo civilizzato, corrotto e calcolatore degli uomini è impossibile.

MESSA IN SCENA

La messa in scena punta particolarmente sull’incomunicabilità fra i due mondi. L’ambiente sottomarino è visto come una sorta di eden acquatico, in cui le Sirene si possono felicemente cullare in un mare incontaminato. Il mondo terrestre, ovvero il palazzo del principe, viene ambientato in un verde giardino solo apparentemente idilliaco, in realtà tutto spigoli e delimitazioni. Una corte godereccia, borghese, in divisa sportiva bianca, si dedica allo svago del gioco del golf. Rusalka non riesce ad adattarsi a questa società, ne viene respinta per il suo mutismo e le sue stranezze. Il ritorno non è però indolore, il mare non è più quello, non è più puro e incontaminato ma pieno di bottiglie di plastica – le stesse che i cortigiani consumavano con avidità davanti a lei nell’atto precedente – sporcizia e rifiuti.

Il messaggio sotteso alla messa in scena è chiaro: non ci può essere unione fra i due mondi, uno contamina l’altro e l’aspirare alla purezza primigenia perduta è illusorio. La regia nel complesso è dunque ben orchestrata e non mancano vari spunti che inducono interessanti riflessioni: il consumismo della corte, gli accenni ecologisti alla purezza perduta del mare, il fallimento della relazione dovuto alle pressioni sociali, ma anche l’ironia di affidare i ballabili del secondo atto ad una surreale pantomima golfistica.

L’opera è comunque abbastanza lunga e complessa, organizzata ancora a pezzi chiusi ottocenteschi e con uno spiccato sinfonismo, e la regia sembra a volte perdersi oppure mettere troppa carne al fuoco. Le idee migliori si vedono nel secondo atto dove la corte trasformata in un circolo del golf è di grande effetto e valenza simbolica; restano invece più statici e irrisolti il primo e terzo atto. I movimenti e la recitazione sono organizzati con attenzione, anche se, complice il testo abbastanza convenzionale, restano ad un livello bidimensionale. Interessanti e simpatiche le scene di Martina Segna, meno a fuoco invece i costumi di Anna Sofie Tuna.

INTERPRETAZIONE MUSICALE

Splendida la bacchetta di Alexander Prior, che, a capo dell’affiatata orchestra del festival tirolese di Erl, infonde la giusta valenza sinfonica alla partitura, azzeccando sonorità dense e avvolgenti, perfettamente esaltate dall’acustica impeccabile della nuova sala del Festival, inaugurata nel 2012.

Ben preparata e omogenea la compagnia di canto, ottimamente selezionata per un’opera di una certa complessità anche per la sua rara esecuzione. Su tutti spicca l’ottima prova di Karen Wuong, il soprano americano interpreta la difficile parte di Rusalka con voce piena e timbrata, non scevra da controllate mezze voci e buoni accenti espressivi. Gerard Schneider canta il Pincipe con baldanza e squillo eroico, anche se il personaggio risulta un po’ generico nell’interpretazione e nel fraseggio. Ampie volute e voce calda per il basso Thomas Fualkner, Wasserman, che domina la parte in modo magistrale. Voce squillante, tagliente e sicura per il mezzosoprano Dshamilja Kaiser che si impone nella piccola parte della duchessa straniera. Ottimi anche tutti gli altri interpreti minori (Judita Nagyovà, Corinna Scheurle, Alyson Rosales, Julia Dowson e Kelsey Lauritano), fra cui spicca per simpatia e interpretazione il basso statunitense Steven LaBrie.

Nel finale vivissimi applausi per tutti gli interpreti.

R. Malesci (28/12/19)