Recensioni - Opera

Falstaff alla Scala, comicità con un retrogusto amarognolo

Si è soliti dire che l’ultima recita sia la migliore, infatti alla fine applausi scroscianti per tutti!

Il capolavoro assoluto che è Falstaff, non è solo un’opera buffa, anzi, è il testamento morale del maestro ed è una lezione di vita per tutti coloro che la conoscono. Rappresenta infatti le relazioni umane, la capacità di sopravvivere e le batoste che vengono prese quando si cerca di imbrogliare e si viene …imbrogliati a nostra volta. Quindi per questo la comicità lascia un retrogusto amaro in bocca.

Ma la produzione che si è conclusa ieri in Scala non è amara per questo, ma perché la compagnia di canto non è sempre stata all’altezza della prova musicale, e questo è un vero peccato! È risaputo che il Maestro Verdi non ha mai digerito che l’unica sua opera buffa (Un Giorno di Regno), scritta mentre aveva perso moglie e figli, fosse stata un fiasco.

Anche ora, la sua seconda opera, viene pochissimo rappresentata. E il suo sogno è sempre stato di riscattarsi con un’altra opera immortale, e il sassolino nella scarpa se l’è tolto a ottant’anni! “Sono quarant’anni che desidero scrivere un’opera comica” scriveva Verdi a Gino Monaldi nel 1890!

La scrittura musicale di Falstaff è di una modernità strabiliante, i classici canoni musicali dell’ottocento sono stati stravolti, i recitativi non sono seguiti da aria e cabaletta, ma hanno vita propria. Il libretto di Arrigo Boito è un capolavoro letterario e, dallo scambio di lettere tra i due, si evince che ogni accento, ogni parola scenica, sono state studiate, riprovate, per ottenere l’effetto desiderato. Infatti, durante la stesura dell’opera, in una lettera di Boito a Verdi leggiamo: ”Lei ha il segreto della nota giusta nel momento giusto, che è il gran segreto dell’arte e della vita”.

La regia di Giorgio Strehler ha 45 anni, e non li dimostra! La vicenda era stata riportata nella pianura padana, con gli effetti della nebbia, e Marina Bianchi che ha ripreso questa realizzazione, ha curato ogni gesto scenico, ponendo attenzione ai momenti salienti della vicenda. Qualcuno ha trovato da dire perché ogni atto, diviso in due scene, è stato spezzato dai cambi scenici: allora non c’erano i macchinari di adesso, ma la bellezza della realizzazione mantiene ancor oggi il suo fascino.

Le scene di Ezio Frigerio riprese da Leila Fteita sono di una accuratezza quasi maniacale, dove ogni piccolo particolare è curato nei minimi dettagli. Visto le scenografie che ci vengono propinate oggi, è una gioia per gli occhi guardare questi capolavori! In armonia con la vicenda e l’ambientazione i costumi supervisionati da Franca Squarciapino e indimenticabili i giochi di luce, con il passaggio dal mattino al pomeriggio e dal pomeriggio alla sera, di Marco Filibeck. Anna Maria Prina ha curato la coreografia del balletto delle fate e ninfe nella scena del terzo atto: bravissime le allieve della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala, applauditissime alla fine dell’opera.

Il Maestro Daniele Gatti ha diretto l’orchestra del Teatro alla Scala: la sua concertazione è stata curatissima ed intensa, anche se spesso il suono ha coperto le voci. Ma dipendeva dall’orchestra troppo alta o dalle voci un tantino piccole dei protagonisti? Il coro del teatro, diretto dal Maestro Alberto Malazzi è stato pochissimo impegnato in quest’opera, ma, quando richiesto, è stato splendido come sempre.

Veniamo alla compagnia di canto, che si è impegnata molto e divertita a interpretare i personaggi dello lo spettacolo.

Il protagonista è stato interpretato da Ambrogio Maestri che ha fatto di Falstaff un suo cavallo di battaglia. In questo ruolo debuttò nel 2001. Perfettamente a suo agio scenicamente, non lo è stato completamente vocalmente. In alcune occasioni sembrava recitasse invece che cantare e la sua voce non è sempre arrivata al pubblico: peccato perché la sua parte è arricchita da frasi musicali e da parole che andrebbero ascoltate. Bravo in “L’onore? Ladri!”, nella parte della seduzione del secondo atto e nel finale.

Ford era Luca Micheletti, un attore e regista che si è dato anche al canto. Con sicurezza ha cantato la sua aria “E’ sogno? O realtà”. Ha sfoderato le sue indubbie qualità attoriali ed è stato bravo anche a glissare un errore di Maestri nel terzo atto quando Falstaff, invece di declamare “Caro signor Fontana” ha detto “Caro signor Ford” mandando all’aria la sorpresa e la frase che doveva pronunciare Alice.

Fenton era Juan Francisco Gattell, che ha cantato molto bene la sua aria, anche se si capiva benissimo che aveva paura di sbagliare: infatti l’attacco è stato un po’ forzato, ma ha subito rimediato. Il dottor Caius, Bardolfo e Pistola, rispettivamente interpretati da Antonino Siracusa, Christian Collia e Marco Spotti sono stato gli unici le cui voci sono arrivate sempre alle orecchie di chi era in sala e personalmente li ritengo i migliori.

Veniamo al quartetto femminile: Rosa Feola era Alice Ford. Tecnicamente brava, spesso anche lei non si sentiva, anche se ha tratteggiato con molto humor la donna desiderosa di vendicarsi di quest’uomo che si crede uno sciupafemmine! Martina Belli era Meg e Marianna Pizzolato era Mrs Quickly: anche loro molto brave scenicamente, soprattutto Mrs Quickly, ma anch’esse coperte spesso dall’orchestra. Nannetta era Rosalia Cid, simpaticamente ragazzina giovane innamorata, ha duettato molto bene con il suo Fenton ed è stata perfetta nell’aria della Regina delle Fate del terzo atto. Le protagoniste femminili sono state efficaci nei loro quartetti e nei concertati con i colleghi maschietti, anche loro spigliati e credibili nelle scene in cui cantavano insieme.

Chiudono il cast l’Oste della Giarrettiera di Mauro Barbiero e il Robin, il paggio di Falstaff, il giovanissimo Giovanni Tibaldi.

Si è soliti dire che l’ultima recita sia la migliore, infatti alla fine applausi scroscianti per tutti!

Cosa ci lascia Falstaff? Di non prendersi troppo seriamente, “Tutto nel mondo è burla…tutti gabbati”, di gustare le gioie del momento “Ber del vin dolce e sbottonarsi al sole, dolce cosa!”, e di non credersi infallibili e presuntuosi in quanto qualcuno più furbo di noi...lo si può trovare sempre!