
Dopo quattordici anni di assenza, al Teatro del maggio fiorentino torna l'Aida di Giuseppe Verdi
Un nuovo allestimento andato in scena due anni fa alla Bayerische Staatsoper di Monaco con la regia di Damiano Michieletto, che definisce l'opera come "Una grande storia di guerra al cui interno c'è una piccola storia d'amore". Ed è proprio la guerra il motore pulsante di questa produzione.
Scordiamoci l'Egitto sfavillante di ori e potenza, qui siamo in una vecchia palestra, probabilmente di una scuola, diventata un centro per gli aiuti umanitari. L'ambiente è completamente bombardato, lo si vede dai buchi nel soffitto e dalla cenere che continua a cadere, fino a formare una grande piramide nel terzo e quarto atto. C'è un senso di disperazione con bambini morti tra le braccia delle madri e altri che cercano i propri giocattoli sotto le macerie. Ma c'è anche una denuncia spietata sull'inutilità del conflitto bellico nel momento della marcia trionfale con un red carpet dove passano i mutilati di guerra, premiati da false e patetiche medaglie all'onore.
Il finale è quanto mai emozionante dove la morte di Aida e Radamès viene mutata nel loro matrimonio mai realizzato con tanto di lungo abito bianco, palloncini e i musicisti che suonano il violino e la fisarmonica come in un quadro di Chagall.
Uno spettacolo di forte impatto, attualissimo, che lascia una profonda ferita nei cuori, grazie anche all'intelligente drammaturgia Mattia Palma, alle valide scene di Paolo Fantin, ai costumi moderni di Carla Teti, alle preziose luci di Alessandro Carletti e ai movimenti coreografici di Thomas Wilhelm.
A dirigere l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino sua maestà Zubin Mehta. Il maestro affronta il titolo per la quarta volta in questo teatro, donandoci un'esecuzione magistrale. I tempi sono dilatati e già nel preludio iniziale si toccano vette delicate e intense. L'orchestra è luminosa, compatta, ogni singola sezione produce meraviglia. Mehta restituisce ad Aida la giusta solennità, tra il sognante e il malinconico, che spesso viene a mancare per un eccesso di facili trionfalismi. Sublime anche il coro del Maggio, sempre diretto con attenzione e professionalità da Lorenzo Fratini.
Olga Maslova nonostante una brutta indisposizione, ha deciso di sostenere la recita. Bisogna ammettere che la sua è stata una pregevole Aida, ben salda, di buon volume e omogenea nei registri. Riesce a dosare accuratamente la propria voce sia in "Ritorna vincitor", che nella romanza "O cieli azzurri".
Il Radamès di SeokJong Baek ha voce squillante, ampia, ben proiettata ed esibisce lunghi acuti, specialmente nel finale di "Celeste Aida", non mancano però momenti in cui riesce a piegarla con apprezzabili rifiniture unite ad una valida presenza scenica.
Daniela Barcellona delinea un'interessante Amneris (considerando che Verdi non è il suo repertorio di riferimento) cantata sempre con classe, naturalezza e trasporto emotivo. Ne esce un personaggio forte nella riuscita scena del giudizio e dolente nel drammatico epilogo.
Completamente a fuoco anche l'Amonasro di Leon Kim, dalla bella pasta baritonale, con un valido fraseggio e una credibile recitazione. Anche la coppia dei bassi è risultata ben amalgamata con il solenne Ramfis di Simon Lim e il centrato Re di Manuel Fuentes. Completavano correttamente il cast Suji Kwon (una sacerdotessa) e Yaozhou Hou (un messaggero).
Un torrido pomeriggio fiorentino, sottolineato ancora di più dai calorosi applausi per tutti i cantanti.
Commovente l'ovazione del pubblico per Zubin Mehta, un vero gigante, che alla soglia dei novant'anni continua regalarci momenti magici e di forti emozioni.
Ricorderemo a lungo questa produzione di Aida così coraggiosa e potente, proprio come la musica immortale di Giuseppe Verdi.
Marco Sonaglia (Teatro del Maggio Fiorentino-Firenze 28 giugno 2025)