Recensioni - Opera

Follia, maternità, oracoli, rivoluzione e Pasolini: c’è di tutto nel Macbeth di Salisburgo

Complessa fino all’eccesso la regia di Krzysztof Warlikowski. Buona la direzione e la compagnia di canto

Al festival di Salisburgo 2025 ritorna Macbeth di Giuseppe Verdi, nella produzione che ha debuttato due anni fa, diretta dal regista polacco Krzysztof Warlikowski.

Una messa in scena complessa, sfaccettata, poliedrica, in continuo movimento fra naturalismo, modernità e simbologia. Imponente nell’utilizzo delle masse, interessante e innovativa per alcune scelte, ma spesso anche ridondante ed eccessiva. I pregi sono molti, ma il difetto principale del lavoro di Krzysztof Warlikowski è un “horror vacui” che lo porta a riempire la scena di connotazioni simboliche, diversi piani di fruizione contemporanei, controscene invasive, servi di scena, video e chi più ne ha più ne metta. L’effetto è voluto, ricercato deliberatamente e con convinzione: niente è lasciato al caso, tutto è ragionato e progettato per essere eccessivo, sovrabbondante, complesso, cerebrale. Molto cerebrale.

La scena, a cura di Małgorzata Szczęśniak, richiama la sala del Jeu de Paume della rivoluzione francese, ma questo si ricava soltanto leggendo il programma di sala. In realtà potrebbe essere un albergo, una stazione, una reggia. A destra c’è un’installazione medica con tanto di tunnel a soffietto che entra ed esce alla bisogna; a sinistra esce un carrello con un grande salotto pieno di streghe; sopra abbiamo una balconata chiusa da vetrate, una specie di corridoio soprelevato illuminato. In alto e in basso su televisori vengono proiettati spezzoni di alcuni film di Pierpaolo Pasolini: Edipo Re, che dovrebbe richiamare il soprannaturale e l’oracolo, e Il Vangelo secondo Matteo.

Durante la sinfonia e la scena delle streghe, Lady Macbeth subisce una visita ginecologica, di cui vediamo la proiezione in alto. L’esito è infausto: non potrà mai avere figli. Nel contempo passano spezzoni da l’Edipo Re di Pasolini. Lei si dispera e decide probabilmente di intraprendere la strada del delitto. Tutto questo avviene in contemporanea con la scena delle streghe che rivelano la profezia a Macbeth e Banco. Le streghe sono una congrega di signore con occhiali da sole in una stanza, al braccio un braccialetto giallo e nero di pericolo. Una donna molto anziana, vestita con gonnellino e camicetta rossa, sembra capitanare le streghe. Questa figura sarà poi presente per tutta l’opera.

Quando Macbeth ritorna si incontra con la Lady in una stazione. L’uccisione di Duncan è poi mostrata sempre in video, cosa che distrae non poco dal resto. La grande scena della scoperta del cadavere è mostrata con tanto di funerale del Re e incoronazione di Macbeth e della Lady, che ridono beffardi e soddisfatti. Nella seconda parte la corte è posizionata su una gradinata e la Lady si esibisce per loro al microfono, il fantasma di Banco è un palloncino bianco che Macbeth aveva gonfiato e colorato durante l’assassinio. Gli incubi di maternità della coppia si materializzano con bambini serviti come pietanze. Si passa alle proiezioni dal Vangelo Secondo Matteo di Pasolini durante il coro “Patria Oppressa”, con la scena della strage degli innocenti. I bambini sono in scena sulla gradinata e vengono distesi cadaveri a proscenio. Macbeth e la Lady nel finale ammattiscono entrambi e finiscono su due sedie a rotelle, resi innocui dalla rivoluzione incombente e dai nuovi padroni. L’anziana signora in camicetta rossa fa la maglia in un angolo.

Come si nota la carne al fuoco è troppa. Molte buone idee ci sono: il passaggio di Duncan che avviene nel corridoio sopraelevato ripreso dalle telecamere, la corte seduta sulle gradinate, i bambini sacrificati, la pazzia della Lady ubriaca e con una lampada in mano a illuminare la scena dove “la luce langue”, il coro disposto ai lati del palco vestito di nero.

Il regista lavora sull’eccesso, alla fine capiamo che la sua scelta è coerente seppur discutibile: lo spettacolo è da guardare come si guarderebbe una lanterna magica, senza soffermarsi troppo sul significato globale, ma lasciandosi suggestionare da cosa ci colpisce nel marasma di segni e simbologie proposte.

Buona la resa musicale, con Philippe Jordan che dirige magistralmente la Filarmonica di Vienna. Da brividi “Patria Oppressa”, cantato meravigliosamente dal coro dell’Opera di Stato di Vienna.

Sul cast svetta la Lady Macbeth di Asmik Grigorian, che si conferma interprete a tutto tondo, di prima grandezza. La voce è sicura, svettante, superbamente drammatica, sempre calibrata sulla parola e sulle esigenze del personaggio e dello stato d’animo. Attrice sopraffina: il soprano lituano ha la capacità magnetica di farsi guardare, come si suol dire di “essere” nel personaggio, sia sul palco che nei video, dove spesso rubava la scena ai colleghi impegnati contemporaneamente dal vivo sul palco.

Al suo fianco Vladislav Sulimsky è un Macbeth corretto e attento. Dotato di buona tecnica e voce adeguata, non riesce però a tener testa alla Grigorian, manca di svettare nei concertati e appare spesso sotto tono. Lo stesso dicasi per il Banco di Tareq Nazmi, con voce profonda e dal bel timbro. L’interprete gioca molto sulle nuances e sulle mezze voci, ma manca di impressionare negli affondi vocali e nelle parti drammatiche. Charles Castronovo è un Macduff elegante e prudente, la voce si caratterizza per il timbro scuro e per una limpida emissione di fiato.

Di livello tutti gli altri: Natalia Gavrilan, Davide Tuscano, Ilia Kazakov, Trevor Haumschilt-Rocha, Jonas Jud Murderer, Brett Pruunsild.

Buon successo nel finale con ovazioni per Asmik Grigorian.

Raffaello Malesci (Mercoledì 20 Agosto 2025)