Recensioni - Opera

Grandioso inizio per la stagione di danza al Teatro Regio di Parma

Petrushka e Uccello di fuoco allestiti da Maggiodanza

La stagione del Teatro regio di Parma quest’anno ha aperto presentando due titoli davvero raffinati: Petrushka e l’Uccello di Fuoco con la compagnia MaggioDanza attualmente diretta da Vladimir Derevianco. A questi due pezzi è stato aggiunto, in un secondo momento, l’assolo della Morte del Cigno che è legato da un filo ideologico ai brani in cartellone.
Entrambi i balletti fanno parte della prima stagione dei Ballets Russes di Diaghilev e sono andati in scena in ordine inverso rispetto a quello presentato a Parma, ma di certo per il pubblico non ha fatto grande differenza dato comunque l’alto livello tecnico in chiusura dell’Uccello di Fuoco.
 

I Ballets Russes partono dalla concezione, ancora in fieri, dei cinque punti teorizzati qualche anno più tardi (1914) da Fokine, il quale si ispira all’idea di teatro totale e totalizzante (Gesamkunstwerk) portato in scena per la prima volta con l’esperienza wagneriana. Secondo quanto aveva teorizzato Fokine la danza deve adattarsi al soggetto ed essere coerente col periodo (punto 1); danza e pantomina rappresentano solo dei mezzi espressivi funzionali alla drammaturgia (punto 2); la pantomima tradizionale deve essere sostituita con la mimetica dell’intero corpo (punto 3); sviluppando il concetto di espressività ci deve essere coerenza espressiva tra il solista e il gruppo (punto 4); il balletto è una fusione di tutte le arti, concedendo pari e totale libertà a musicisti, scenografi, costumisti e coreografi (punto 5).
Questa nuova concezione del balletto porta parecchie novità in campo artistico e vede lavorare per la prima volta sinergicamente tutti gli artisti ponendoli sul medesimo piano: il coreografo non è più alla mercé del musicista (o viceversa) e lo scenario ed i costumi appaiono per la prima volta fuori da qualsiasi schema tradizionale.

Petrushka venne commissionato a Stravinskj nell’estate del 1910, sulla scia del successo ottenuto con il suo debutto (avvenuto in quello stesso anno con l’Uccello di Fuoco) come compositore di musica da balletto.
Petrushka è il corrispondente russo del francese Pierrot o del napoletano Pulcinella, ovvero l’eterno infelice che soccombe per amore. L’opera venne terminata il 26 maggio e andò in scena al Teatro Châtelet di Parigi la sera del 13 giugno. Gli interpreti principali erano Nižinskij (Petrushka), Tamara Karsavina (La ballerina) e Alessandro Orlov (Il moro) ed Enrico Cecchetti (Il Burattinaio).
L’argomento di questa scena burlesca rappresentata in quattro quadri è presto riassunta. Durante la festa per il Martedì Grasso nella piazza dell’Ammiragliato di Pietroburgo, tra le varie bancarelle che attirano la folla, c’è anche quella di un burattinaio che muovi i fili dei suoi tre pupazzi: Petrushka, La Ballerina e Il Moro. La loro piccola tragedia viene rappresentata al confine tra la finzione e la realtà: Petrushka ama la Ballerina, ma lei gli preferisce il Moro, che si sbarazza del rivale uccidendolo. La folla si preoccupa seriamente per la morte di Petrushka dato che non è più davvero convinta della sua identità di marionetta, ma alla fine interviene il Burattinaio che lancia il pupazzo in aria proprio per far vedere che si tratta della sua marionetta. L’ultima scena del quarto quadro vede il fantasma di Petrushka che dal tetto del teatrino fa uno sberleffo al suo Burattinaio e al pubblico.
La rappresentazione offerta da MaggioDanza è stata pressoché fedele all’originale, fatta eccezione per la riduzione numerica del corpo di ballo, fatto che ha reso talvolta meno efficaci i pezzi di gruppo, specie quelli femminili.
Pulito e preciso Bruno Milo nella parte del Moro, tecnica Paola Vismara nella parte della Ballerina, fatta eccezione per qualche passaggio (dall’ecarté all’arabesque); davvero bravo Vladimir Derevianko come Petrushka: sia la scena della sua stanza, sia lo sberleffo finale sono stati di una rara intensità espressiva e alla fine ha davvero sorpreso il pubblico ciondolando dal tetto come se fosse morto.

La Morte del Cigno è uno dei brani più lirici della storia del balletto: tutte le ballerine lo vorrebbero danzare, ma davvero poche hanno le qualità che questa parte richiede e Ul’jana Lopatkina è senza ombra di dubbio una di queste elette. Bianca, di un pallore quasi lunare, ha braccia, gambe e collo lunghissimi, oltre ad essere eccezionalmente bella. Il fremito degli arti e l’espressione malinconica fanno trasparire tutta la sofferenza nell’esalazione dell’ultimo respiro dell’animale morente. Nessuna parola è adatta a descrivere l’intensità di sentimenti che questo breve pezzo ha suscitato: come disse Balanchine, “la danza non si fa con le parole e niente di quanto su di essa si possa dire sostituirà quello che infine si vedrà sul palcoscenico”.

L’Uccello di Fuoco è la prima opera per balletto di Stravinskj. Rimskij-Korsakov, suo maestro e compositore della celebre musica di Shéhérazade, era morto nel 1908 e la scelta di Diaghilev di avvalersi di un suo giovane allievo fu certamente azzeccata (e non avrebbe potuto essere altrimenti dato l’infallibile fiuto dell’impresario russo!).
L’argomento del balletto è basato su un’antica fiaba russa dalla struttura abbastanza classica e tradizionale: non manca infatti l’elemento malvagio incarnato da Kaščej, un orco immortale che coi suoi artigli cattura le fanciulle e pietrifica gli uomini che le avvicinano; l’uccello di fuoco invece rappresenta l’elemento magico sovrannaturale e buono contrapposto al cattivo;  il protagonista umano è lo Zarevic Ivan che vagando nella foresta incantata, cattura l’uccello magico il quale in cambio della libertà gli offre una piuma da usare in caso di pericolo; c’è inoltre l’amore romantico di Ivan per una delle tredici principesse che il terribile orco tiene prigioniere di giorno nel giardino, ma che di sera sono costrette a tornare nel castello (si noti qui la somiglianza con Il Lago dei Cigni).
Insomma si trovano tutti quegli elementi che sarebbero piaciuti tanto anche a Tchaikovskj, anche se, in questo caso, i protagonisti della vicenda non sono la coppia umana Ivan-principessa, ma quella sovrannaturale Kaščej-Uccello di Fuoco con la predominanza, in termini di presenza sulla scena e partitura musicale del male rispetto al bene.
Alla prima parigina gli interpreti del balletto furono Tamara Karsavina (Uccello di fuoco), Vera Fokina (principessa), Michail Fokine (Ivan) e Alexis Bulgarov (Kaščej); inizialmente il ruolo dell’Uccello di fuoco era stato proposto alla Pavlova per il suo profilo più slanciato, ma lei lo rifiutò in quanto considerava la musica di Stravinskj “decadente”.
Gli interpreti principali di MaggioDanza erano Letizia Giuliani (Uccello di fuoco), Sabrina Vitangeli (principessa), Umberto De Luca (Ivan) e Leone Barilli (Kaščej). In particolare Letizia Giuliani è stata eccellente dal punto di vista tecnico: sia la sua tecnica di giri, sia le varie prese sono state presentate senza mai una sbavatura. Umberto De Luca è stato uno splendido partner ed ha padroneggiato con assoluta certezza la tecnica di vari passi a due.
Peccato che anche qui il numero degli interpreti non fosse sufficiente a rappresentare con efficacia le parti di gruppo: per esempio, la danza delle tredici principesse è stata eseguita da sette elementi e la coreografia ne ha un po’ sofferto.
Le ricostruzioni secondo l’originale di scene (Golovin) e costumi (Golovin-Bakst) di entrambi i balletti portano la firma di Anatolij e Anna Nežnij; in particolare i costumi dell’Uccello di Fuoco erano davvero sfarzosi, forse più anche degli originali e il pubblico ha davvero potuto essere soddisfatto dello splendido lavoro che questo gioiello di compagnia ha portato sulla scena.
Comunque la stagione che si prospetta è davvero di altissima qualità, come del resto negli anni passati.

Sonia Baccinelli 29 aprile 2009