Recensioni - Opera

Hedda Gabler “come una volta”

Tradizionalissima messinscena del capolavoro ibseniano al Teatro Sociale

Certo, chi si aspettava di andare a teatro per assistere ad una lettura più moderna, innovativa, che aggiungesse qualcosa di nuovo al capolavoro di Ibsen, magari sfruttando la sottile e perfida ironia marcatamente presente nel testo, è rimasto deluso, ma questo non vuol dire che il risultato complessivo non abbia convinto. La scelta di affidarsi a schemi consolidati ha contribuito alla realizzazione di uno spettacolo solido, coerente, ben recitato cui, unico appunto,  forse avrebbe giovato una traduzione più moderna.
Il vero motivo di interesse della serata è stata ad ogni modo l’interpretazione di Manuela Mandracchia nel ruolo della protagonista. L’attrice romana ha costruito un personaggio in cui convivono tutte le contraddizioni e le infinite sfaccettature che rendono Hedda Gabler una delle figure più moderne del teatro ottocentesco.
Quello che colpisce maggiormente è l’estrema  facilità con cui la Mandracchia si muove in scena, assumendo spesso posizioni poco naturali (a volte addirittura sdraiata sul divano, quasi a testa in giù), e la grande naturalezza con cui porge il testo, al punto che ogni singola battuta sembra venire pronunciata con il massimo della spontaneità. Tutto viene cesellato con certosina perfezione ma allo stesso tempo non si ha mai per un istante la sensazione di finzione o recitazione.
Al suo fianco una compagnia di attori che, pur non raggiungendo gli stessi livelli si disimpegna egregiamente.
I panni del giudice Brack  sono stati interpretati da un Luciano Roman puntuale e professionale ma forse privo di quella viscida ambiguità che lo avrebbe reso veramente interessante, e lo stesso si può dire dello Jorgen di  Jacopo Venturiero: preciso nella sua pedanteria ma non al punto di stamparsi indissolubilmente nella memoria.
Da tenere sott’occhio in futuro invece la giovane Federica Rossellini, la cui Thea è il personaggio che meglio di tutti ha retto il confronto sulla scena con la Mandracchia, mentre tutta l’energia profusa da Massimo Nicolini nel ruolo di Løvborg avrebbe forse dovuta essere più controllata e meglio indirizzata.
Efficace la zia Julle di Laura Cartia,  funzionale la Berte di Laura Pazza.
Convinti al termine gli applausi del pubblico con punte di entusiasmo per la protagonista.

Davide Cornacchione 23/01/2014

 


Spettacolo molto classico e tradizionale l’Hedda Gabler firmato da Antonio Calenda cui abbiamo assistito al Teatro Sociale all’interno del cartellone del Centro Teatrale Bresciano. Tutto quanto si poteva prevedere da una messinscena ibseniana è stato infatti rispettato: scenografia –firmata da Pier Paolo Bisleri-  dalle tinte cupe, luci basse e penombra, recitazione molto cadenzata, con una sottile vena di tragedia sempre presente, anche nei momenti più distesi.