Recensioni - Opera

I Pagliacci a Parma

 L’opera è viva! Evviva l’opera!

Dopo alcune produzioni imbarazzanti a livello registico viste in vari teatri, con i Pagliacci al Teatro Regio di Parma l’opera ritorna agli antichi splendori.

Questa produzione ha tanti punti di forza a cominciare dalla regia di Franco Zeffirelli ripresa da Stefano Trespidi. La Fondazione Zeffirelli ha coordinato e gestito l’allestimento, uno spettacolo nello spettacolo. Zeffirelli è sempre Zeffirelli ed alla prima, dopo il prologo, appena si è aperto il sipario, il pubblico ha applaudito la scena.

La regia sembra un film che si dipana senza interruzioni: una delle caratteristiche del regista era la sua capacità di movimentare la scena riempiendola di tanti personaggi. In questi Pagliacci c’erano sul palcoscenico almeno 130 persone che creavano un caos organizzato e muovendosi all’unisono hanno prodotto un effetto di spontaneità.

Ho assistito a tre recite, generale, prima e seconda e ogni volta si scopre qualcosa di nuovo, un movimento, un passaggio perché essendo così tanti e colorati i personaggi, ti perdi nel loro agire. È rappresentata una piazza e una via di un qualsiasi paese dove le persone si ritrovano perché sta per arrivare la compagnia di Pagliaccio.

Le scene, sempre di Zeffirelli, sono state riprese da Carlo Centolavigna, grande artista che ha onorato le creazioni originarie con la bravura che lo contraddistingue. Da citare i saltimbanchi, clown, funamboli, che hanno movimentato la scena e arricchito con la loro bravura il racconto dei fatti.

Oltre alle scene c’è da citare i costumi stupendi di Raimonda Gateani, che provenivano in parte dall’Opera di Roma, dalla Fondazione Zeffirelli, dalle sartorie Tirelli, tanto per citarne alcuni e le luci di Andrea Borelli.

E poi il trucco, curato non solo per i protagonisti, ma per ogni singola persona che saliva sul palcoscenico: il trucco e parrucco è a cura di Costume Art Lab. Le parrucche sono state fornite da Paglialunga Roberto e l’attrezzeria dal Teatro Regio di Parma, dalla Fondazione Zeffirelli e dal Teatro dell’Opera di Roma, dove questa stessa produzione è appena andata in scena.

Fatta questa premessa, arriviamo ora alla musica e ai cantanti.

Avendo assistito a tre recite, premetto che alla prima tutti erano tesi e la tensione si poteva tagliare col coltello: c’era chi debuttava il ruolo, chi ritornava dopo tanto tempo su questo palcoscenico e c’era il pubblico aspettava con ansia questa ultima produzione della stagione lirica del teatro.

La seconda recita è stata di un livello ancora superiore alla prima…e già la prima era stata un vero gioiello non solo per la vista, ma anche per l’orecchio!

Il cast è di altissimo livello a cominciare dal protagonista Gregory Kunde che nonostante non sia più un giovanissimo, ha avuto un coraggio da leone ed alla prima, dopo che il pubblico l’ha richiesto a gran voce senza mai smettere di applaudire, ha bissato l’aria più famosa dell’opera “Vesti la giubba” cantandola ancor meglio, nonostante fosse già stato fantastico.

Ma non ha cantato bene solo quella. Coinvolgente nel finale, il suo “No, pagliaccio non solo” ha straziato il cuore dei presenti. Da subito ha dimostrato di possedere una linea di canto deliziosa, nata dalla sua frequentazione di autori come Donizetti, Rossini, Bellini. La sua interpretazione è da ricordare per l’intelligenza, la capacità scenica e vocale e per il cuore che ha messo in tutte e due le recite.

Canio è un uomo geloso, innamorato e possessivo. Infatti pensa che la moglie sia un oggetto di sua proprietà. Il dramma rappresentato è proprio verismo... non solo sul palco ma anche nella realtà avvengo molto spesso fatti di sangue come quello narrato nell’opera, fatto di sangue da cui per altro è stato tratto il libretto musicato da Leoncavallo.

Il pubblico gli ha tributato interminabili ovazioni ed è stato il trionfatore di entrambe le serate.

Di pari bravura è stato il baritono Vladimir Stoyanov che debuttava il ruolo di Tonio proprio a Parma, doppio debutto in quanto è la prima opera non verdiana che canta in questo teatro che lui ama e che lo ama. Ci ha donato una grande interpretazione di Tonio e lo ringrazio per il modo in cui ha cantato ed ha emozionato.

Quando un artista ha la capacità musicale del porgere, l’uso dei fiati, sa far girare la voce e studia, può fare sempre grandi cose. E questo baritono bulgaro, terra di grandissimi artisti, ha una linea di canto e una voce vellutata che però ha saputo modulare sulla grettezza del personaggio.

Tonio apre e chiude l’opera: infatti il Prologo è insieme all’aria del tenore ne è il pezzo forte. Nel Prologo, Stoyanov è stato bravo alla prima e bravissimo nella seconda, dove la voce correva come un treno ad alta velocità e l’acuto finale sembrava una fucilata da quanto era compatto e limpido.

E che dire del finale dell’opera e del modo in cui ha recitato le due frasi musicali? Tra “La commedia “… ed “è finita “ha fatto una pausa che ha creato una tensione da brivido, emozionantissima! E il tono differente con cui le ha cantate, affermativo al prima e dopo la pausa, desolato e disperato la seconda, ha evidenziato forse un tardivo pentimento del personaggio.

Tonio è una parte di non facile tessitura vocale in quanto la scrittura musicale dello spartito è fluttuante: è stata una ottima interpretazione ed un debutto da ricordare. Tonio è un uomo viscido, malvagio che giura di farla pagare sia Canio che lo tratta male, sia a Nedda che lo respinge. Anche per lui la donna è un oggettivo da possedere. E si vendica di entrambi svelando il tradimento di Nedda e nel finale tragico porgendo a Pagliaccio il coltello per uccidere sia Nedda che il suo amante. Anche per lui scroscianti applausi.

Nedda era interpretata da Valeria Sepe, giovane soprano che aveva già affrontato questo personaggio. Stupenda scenicamente, vocalmente ben modulata, ha catturato il pubblico per la sua bellezza e maestria.

Indimenticabile nei due duetti, con Tonio che affronta a muso duro e con Silvio, il suo amore, dove la dolcezza prevale e il canto diviene melodioso. Grandi applausi e successo anche per lei.

Bravo Matteo Merzario nella serenata di Arlecchino e come Beppe prima dello svolgimento della commedia Applauditissimo anche il Silvio di Alessandro Luongo, che ha saputo trasmettere la tenerezza, l’amore e l’angoscia di questo giovane innamorato verso la donna amata.

Stupendo per movimento scenico e compattezza vocale il Coro del Teatro Regio di Parma preparato come sempre dal Maestro Martino Faggiani, degno dei grandi direttori che l’anno preceduto. Meraviglioso il Coro delle voci bianche del Teatro Regio di Parma: questi ragazzi hanno portato l’allegria e la vitalità ai quadri scenici. Bravo il loro Maestro Massimo Fiocchi Malaspina nella loro preparazione.

Per ultimo parlo dell’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini e del direttore Andrea Battistoni.

Forse il suono era a volte eccessivo e il ritmo lento e questo non ha facilitato i cantanti, costretti a fiati lunghissimi. Soprattutto nella prima recita c’è da segnalare a volte uno scollamento tra l’orchestra e il palco, scollamento che è diminuito nella seconda recita.

Detto questo proprio per essere pignoli, concludo affermando che, senza ombra di dubbio, è complessivamente stato uno spettacolo indimenticabile, che consiglio vivamente di non perdere!!!