Recensioni - Opera

I due gemelli veneziani finalmente a Brescia

I due gemelli veneziani di Goldoni è, a mio avviso, il primo spettacolo prodotto dal Piccolo teatro nell’era Ronconi a meritare di...

I due gemelli veneziani di Goldoni è, a mio avviso, il primo spettacolo prodotto dal Piccolo teatro nell’era Ronconi a meritare di assurgere al ruolo di classico. Ebbi quest’impressione già lo scorso anno quando vi assistetti nella storica sala di via Rovello, pochi giorni dopo il suo debutto, e non posso fare a meno di riconfermare questa mia opinione dopo averlo reincontrato ora a Brescia ed essermi ancora sorpreso e compiaciuto nella visione, nonostante ne serbassi ancora un vivo ricordo. La grandezza di questo allestimento sta innanzitutto nel suo protagonista: Massimo Popolizio è a dir poco formidabile nel tratteggiare le due figure di Tonino e Zanetto: sicuro e spavaldo il primo, ingenuo “puro folle” il secondo. Rimarchevole è anche la rapidità con cui riesce a passare da un personaggio all’altro, uscendo e rientrando immediatamente in scena, mantenendo perfettamente distinte e coerenti le due interpretazioni. Accanto a lui agisce con altrettanta bravura un gruppo di attori ronconiani “storici” tra cui si distinguono la castamente sensualissima Rosaura di Manuela Mandracchia, il viscido Pancrazio di Riccardo Bini ed il sanguigno Arlecchino di Giovanni Crippa. A completare il quadro dei validissimi interpreti vi sono inoltre Maurizio Gueli, Luciano Roman, Anna Gualdo, Igor Horvat, Nino Bignamini, Franca Penone.
La regia è estremamente rigorosa e puntuale pur senza cadere nei consueti cerebralismi ronconiani, ed anche la scenografia, costituita da una serie di strutture mobili realizzate con degli specchi, a sottolineare l’idea della duplicità dell’immagine, non risente della macchinosità caratteristica ad altri allestimenti dell’attuale direttore artistico del Piccolo Teatro. Il tutto si muove quindi all’interno di un’atmosfera leggera e disinvolta pur racchiusa da un’aura impercettibilmente cupa, vuoi per le scenografie che a volte trasmettono un senso di oppressione, vuoi per un sottile senso di violenza, di inganno e di sopraffazione insito al testo stesso, che infatti si conclude con un omicidio, che si è voluto qui non trascurare.
In sostanza quindi questi due gemelli si possono definire come una commedia nera estremamente equilibrata che divertendo ed avvincendo lo spettatore per tutta la sua durata (oltre 3 ore) non perde l’occasione per soffermarsi sull’impietosa analisi della società borghese dell’epoca (e di conseguenza anche quella attuale) caratteristica della letteratura goldoniana.
A conclusione dell’eccezionale serata un successo meritatissimo da parte del folto pubblico del Teatro Sociale a coronare uno spettacolo a mio avviso impedibile che mi auguro diventi un appuntamento fisso all’interno delle future programmazioni dello stabile milanese e del circuito teatrale italiano.

Davide Cornacchione 5/12/2002