Il connubio con Puccini nella Manon di Torre del Lago
La scultura è per me motivo di continuo approfondimento nella storia dell’arte e nei campi suoi affini (filosofia, archeologia, storia, documenti visivi, letteratura e altro ancora). Riguardo Igor Mitoraj ne ho sempre apprezzato la sua carica dialogante tra passato e presente e quindi, a sua volta, tra presente e futuro. Rivive in me il Suo canto poetico e la Sua ricerca per una bellezza ritrovata, seppur frammentaria, sofferente e misteriosa. Un artista che ha saputo come pochi rimettere in gioco il concetto di bellezza in modo autentico, profondo, sentito. Il mistero, come la sfera metafisica e “ancestrale”, vive perennemente nelle forme di corpi senza tempo.
Un Maestro, Mitoraj, che coniuga la grande modernità con il mito di un antico passato; una post-modernità del tutto particolare e in controtendenza che abbraccia nuovamente la speranza di risollevare in noi nuova bellezza interiore; una bellezza che si rispecchia nelle forme di una certa classicità forse ritrovata. Un ribaltamento addirittura della concezione scultorea canoviana a favore di una forma lacerata quasi fosse reperto dell’umano sentire. Non vi è illustrazione, quindi, vi è piuttosto invenzione che si risveglia con nuove forme in classicità perdute, riemerse: “rivedere” la bellezza significa accettarne tutte le sue ferite.
Mitoraj come sappiamo ha posto a Pietrasanta e a Parigi la Sua meravigliosa esperienza e il Suo inconfondibile “segno artistico”. Da qui (e non solo) è possibile praticare strade e percorsi di viaggio per una conoscenza sempre più ricca e trasversale dentro e fuori l’opera del Maestro. In questa sede prenderemo in esame le potenzialità teatrali ossia la forza poetica insita nella forma plastica del grande maestro.
Proprio nel Gran Teatro Puccini di Torre del Lago si ha quest’anno (il 30 agosto e il 6 settembre) la riformulazione delle possibilità sceniche che l’opera plastico-scultorea di Mitoraj può svelarci. Come occasione e appuntamento diretto al Festival Puccini abbiamo l’opera teatrale di Manon Lescaut del celeberrimo Giacomo Puccini e con la regia di Daniele De Plano. Proprio in tale luogo ricco di fascino possiamo incontrare questa possibilità di vedere rinascere relazioni inimmaginabili far scultura e teatro, fra azione attoriale e atto espressivo. Attraverso forme e frammenti di corpi di rara intensità è possibile vedere come l’opera del Maestro Igor Mitoraj possa realmente configurarsi come momento di riflessione scenico-teatrale; questa dinamica interna che diviene poi esterna porta l’opera plastica di Mitoraj verso mondi di nuove interazioni con l’ambiente fino a coinvolgere spazialità e ambientazioni atte all’azione drammaturgica. Evidente che la giustapposizione mirata delle opere risulta e risulterà fondamentale per la riuscita di un nuovo messaggio pertinente al contenuto dell’opera teatrale in oggetto. Inoltre il giusto rapporto illuminotecnico consente e ri-consentirà nuovi dialoghi introspettivi. Partendo dalle parole e dal pensiero di Igor Mitoraj vorrei qui proporre alcuni punti in cui è possibile trovare quelle progettualità sceniche attive, dinamiche e coinvolgenti:
“L’arte antica è la più emozionante”
Un concetto questo assai importante che sostiene le possibilità di interazione tra opera precostituita e nuove possibilità interpretative; convivere e dialogare cioè con il passato glorioso, in un continuo gioco ritmico e compositivo tra allestimenti innovativi e nuove tecnologie atte a valorizzarne la poetica, l’intima essenza. Non solo quindi collocare le sue opere in siti archeologici o ricchi di storia è via necessaria; il porre relazioni con opere di altri artisti (dai testi drammaturgici a forma architettoniche o paesaggistiche) è altra strada aperta ma sempre cercando di capirne analogie, peculiarità futuribili e non solo retroattive.
“C’é, semmai, un disegno mentale, un’idea, che man mano che la forma prende corpo può anche trasformarsi in qualcosa di completamente diverso”
E se l’opera plastico-scultorea monumentale per dimensioni e per forma acquisita può diventare scenografia permanente o meglio teatro delle apparizioni possibili allora l’approfondire l’atto creativo del Maestro valorizzando il suo processo immaginativo riporta il di-segno (nelle sue diverse sfaccettature) come attività autonoma e parallela e quasi mai come progettualità diretta alle sue sculture; capirne cioè i ”segreti” di tanta potenza espressiva che non pervade solo la forma tridimensionale perché pervade anche l’opera grafica, pittorica, cromatica. Impossibile perciò tralasciare la sua formidabile e conseguente propensione plastica nel toccare l’aspetto teatrale e /o scenografico inteso quest’ultimo come dilatazione spaziale della poesia plastica che sa risvegliare nuovi “Dei contemporanei”.
In questo ritrovamento scenico possiamo vederne l’aspetto umano dell’artista, il suo attaccamento e un amore grandioso che il Maestro aveva verso la città di Pietrasanta e il suo contesto; un amore che ha saputo dare nuovo prestigio a così bella città, ricca di fascino con i suoi laboratori unici al mondo: dalle fonderie artistiche ai laboratori per lavorazione del marmo fino all’arte del mosaico.
Il connubio poi tra il “mondo plastico-scultoreo” e i “paesaggi possibili” tra cui quelli scenici risulta tema centrale su cui poter rielaborare nuove interpretazioni delle opere stesse con ricchezza d’intenti per un dialogo culturale dal vivo interesse internazionale.
L’opera di Mitoraj, già conosciuta in tutto il mondo, diviene così possibile perno per costruire progetti in diversi luoghi. Sicuramente un dialogo con il teatro e l’opera lirica e quindi il rapporto con la grande musica appare quasi connaturato: tema questo interessante su cui approfondire nuovamente in futuro. Se una forma plastica diviene forma poetica ecco che l’interazione con il mondo teatrale è spazialmente plausibile per nuove ricerche e sperimentazioni percettive e compositive senza creare cortocircuiti disturbanti e controproducenti.
L’opera plastico-scultorea è con Mitoraj un nuovo “paesaggio scenico” in cui gli attori possono riattivare espressività connaturate al testo e al contenuto recitativo. In attesa di rivedere i futuri progetti e possibilità attuative non ci rimane che ritrovare quel mondo poetico sommerso lasciandoci immergere nel mistero della bellezza che Mitoraj ci ha donato attraverso le sue opere uniche e irrepetibili. I temi del mito e del corpo umano evidenziano perciò, con Mitoraj, il Verbo e la parte mancante, la parte scalfita. L’innesto totalizzante delle diverse arti che solo il mondo del buon teatro, per ora sa darci, ripone una visione potente e di risveglio sensoriale dell’arte plastico-scultorea soprattutto se come “sfondo” vi è la “forma” intesa come poesia.