Recensioni - Opera

Il Flauto Magico torna all'Opera di Roma

Bella edizione del Flauto Magico di Mozart all’Opera di Roma, con un buon cast di cantanti e una regia innovativa, sotto la ineccepibile direzione del Maestro Michele Spotti

La regia era affidata a Damiano Micheletto, con scene di Paolo Fantin e costumi di Carla Teti.

La scena viene interamente posta in un istituto scolastico: in particolare un’aula e un giardino della scuola. La scelta della scuola richiama allegoricamente il percorso di conoscenza che Tamino e Pamina (come pure Papageno di riflesso) seguono per affrancarsi dalla loro iniziale condizione di cecità ed ignoranza culturale. Saggi e anziani insegnanti li prendono per mano e li conducono lungo la via fino al raggiungimento del premio finale. L’aula è austera e fredda: una parete di colore verdastro, macchiata di muffa e segnata dal tempo, una immensa lavagna “magica” che ne occupa la maggior parte, qualche banco, un armadietto portaoggetti. Una scenografia minimale e in qualche modo non accogliente, illuminata da una luce per lo più fredda, nella quale si muovono i vari personaggi mozartiani nelle vesti di scolaretti, bidelli, insegnanti, vigili del fuoco, suore, e così via. Il paesaggio di ispirazione egiziana che caratterizza l’idea iniziale dell'opera settecentesca permette di spaziare con la fantasia sia nella ricostruzione di luoghi immaginari che nella realizzazione di costumi favolosi ed esotici. In questo contesto molto regimentato e costrittivo, viene meno proprio l’aspetto immaginifico che da sempre si accompagna al Flauto Magico. Bisognava quindi introdurre almeno un elemento che rompesse la formalità e la rigidità della scena: una lavagna che con molta versatilità proietta disegni animati, appare e scompare, permettendo ai personaggi di entrarvi o di uscirne a seconda dei momenti. Complimenti quindi per gli effetti video (Roland Horvath) che sono stati particolarmente interessanti e vari, svolgendo quindi un ruolo fondamentale per aprire la porta alla magia, alla favola. Abbiamo visto oggetti materializzarsi da disegni animati, mostri apparire ed avvicinarsi minacciosi, per poi svanire nel nulla (come il drago iniziale che insegue Tamino), personaggi in carne ed ossa materializzarsi da disegni e viceversa, personaggi in carne ed ossa smaterializzarsi in disegni animati e svanire nel vuoto. Insomma un dispositivo ben congegnato che ha dato un impulso molto forte a tutta la scenografia.

I costumi favolosi sono stati sostituiti da più ordinarie divise scolastiche in tema con la scena stessa: in qualche modo abbiamo rimpianto le piume di Papageno, il manto della Regina della Notte, i Mori di Monostatos e i sontuosi abiti di Sarastro e della sua corte di accoliti sacerdoti, ma tant’è, era necessario per coerenza con le scelte di regia. I tre bambini non hanno volato sopra le scene nella loro navicella, ma in compenso, vestiti da piccoli pompieri, hanno fatto ugualmente qualche peripezia nelle loro scorribande scolastiche.

La direzione d’orchestra del Maestro Michele Spotti è stata caratterizzata da un impeto e una forza particolari. Sin dall’ouverture è apparso subito un cipiglio molto evidente: precisione esecutiva e velocità. Elementi che hanno caratterizzato la gran parte dell’opera stessa anche se a volte ha messo sotto pressione qualche cantante. Particolarmente efficace la direzione del finale del primo atto che solitamente rischia di passare come una marcia con coro. In questo caso il Maestro è riuscito a renderla viva e coinvolgente, al di là del livello musicale in sè.

Per quanto riguarda gli Interpreti c’è stata una sensibile differenza di resa esecutiva tra il primo ed il secondo atto, per alcuni di loro. Papageno (Äneas Humm) inizialmente sembrava un po’ frenato, come se non fosse pienamente nella parte per buona parte del primo atto. Anche la voce era un po’ incerta e quasi coperta dall’orchestra in diversi momenti. Questo si è sentito ad esempio nella sua prima aria, Der Vogelfänger bin ich ja. Nel secondo atto invece ha recuperato vigore nella voce, sicurezza nella gestualità e quello spirito comico che lo caratterizza. Molto ben riuscita a questo proposito la sua aria più famosa, Ein Mädchen oder Weibchen wünscht Papageno sich! accompagnata dalla celesta e il duetto stupendo con Papagena (Mariam Suleiman). Qualche incertezza nel primo atto anche per la Regina della Notte di Aleksandra Olczyk. L’aria O zittre nicht, mein lieber Sohn! l’ha vista un po’ in difficoltà nelle complesse figurazioni di agilità, complice forse una velocità di esecuzione eccessiva. Interessante comunque la scelta di posizionarla all’interno di una camera posta dietro alla lavagna centrale, in preda ad una crisi di nervi, con lancio di medicinali contro il muro. Come se fosse compressa in una dimensione di disperazione. Bellissima invece l’interpretazione della famosa aria del secondo atto, Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen, seguita da un meritato grande applauso a scena aperta. Tamino (Cameron Becker) ha convinto, mantenendo un buon livello per tutta l’opera. Ha un buon timbro di voce e una buona presenza scenica. Molto ben interpretata la sua aria del primo atto Dies Bildnis ist bezaubernd schön, il quintetto con le tre dame e Papageno Hm Hm Hm. Una splendida prova per i cinque interpreti, in uno dei pezzi più belli dell’opera. Pamina (Maria Laura Iacobellis) ha dato una grande prova nella sua aria più drammatica nel secondo atto, Ach, ich fühl's, es ist verschwunden, con grande tecnica ha saputo rendere il profondo sentimento che caratterizza quest’aria, ed il pubblico ha apprezzato con un fragoroso applauso a scena aperta ed anche nei saluti finali. Sarastro (Simon Lim) ha una bella voce e riesce bene anche nelle note più basse che caratterizzano le arie a lui dedicate. Ricordiamo in particolare la bella prove dell’aria stupenda nel secondo atto In diesen heil'gen Hallen. Un riconoscimento anche per il duetto in stile bachiano del secondo atto, tributo al grande maestro di Eisenach che Mozart volle fare in quest’opera così originale, Bewahret euch vor Weibertücken. Monostatos (Marcello Nardis) ha interpretato bene il terzetto del primo atto con Pamina e Papageno Du feines Täubchen, nur herein! Anche l’aria del secondo atto Alles fühlt der Liebe Freuden è stata interpretata bene. Una menzione anche ai tre bambini, die drei Knaben, che solitamente vediamo svolazzare per le scene del secondo atto. In questa versione sono impersonati da pompieri che scorrazzano per la scuola, entrando dalla finestra dell’aula, o camminando per il giardino.Oltre alle scene d’insieme con gli altri interpreti, segnaliamo il bel terzetto del secondo atto Seid uns zum zweitenmal willkommen. Pure le tre dame, Ania Jeruc, Valentina Gargano, Adriana Di Paola, hanno dato prova di tecnica ed interpretazione. Ad esempio nella scena iniziale con tamino inseguito dal drago nella lavagna Zu Hilfe! Zu Hilfe! Sonst bin ich verloren. Ma pure nel quintetto del primo atto (Hm Hm Hm) ed in quello del secondo atto Wie? Ihr an diesem Schreckensort?. Infine, anche il coro ha avuto i suoi meriti, soprattutto nella scena del finale del primo atto, complice anche l’ottima direzione ed esecuzione dell’orchestra.

Insomma una bella rappresentazione che, con qualche luce e d ombra, ha comunque brillato e reso onore alla bellissima musica di Mozart.

Meritorio anche ricordare che in questa produzione alcuni interpreti (ci riferiamo in particolare al primo e secondo sacerdote del Tempio della Saggezza, che hanno anche interpretato anche i due armigeri) provengono dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, un'importante iniziativa volta a promuovere e supportare il canto lirico coltivando un vivaio di nuovi interpreti per le future generazioni.

Nonostante fosse la terzultima rappresentazione, il teatro era gremito, con tanti giovani e giovanissimi, il che ovviamente fa molto piacere. Nella patria della musica lirica forse si dovrebbe fare qualche sforzo in più per far conoscere la bellezza di questa musica alle nuove generazioni, anche in considerazione del recente riconoscimento del nostro patrimonio musicale come patrimonio UNESCO.

E’ stato inoltre interessante osservare come il pubblico contasse anche molti stranieri, a testimonianza che gli sforzi per rilanciare l’Opera di Roma negli anni hanno dato i loro frutti. Oramai è molto frequente vedere gruppi di stranieri che arrivano numerosi alle rappresentazioni, prova di un crescente interesse internazionale per il teatro d’opera della Capitale.