Recensioni - Opera

Il cinema non convince a teatro

Riuscita solo in parte l’operazione di Beppe Navello di trasferire a teatro le emozioni del cinema muto

Il debito del cinema nei confronti del teatro è indiscutibile, infatti il cinema delle origini (Meliés ed epigoni per intenderci) altro non era che la ripresa su pellicola di sequenze filmate in teatri opportunamente adattati e allestite secondo il più classico dei meccanismi teatrali. Il fatto poi che i primi film venissero girati solo in campo lungo, senza primi piani, carrelli o movimenti di macchina, rendeva lo schermo cinematografico una sorta di boccascena teatrale bidimensionale.
Sulla base di questo presupposto l'idea del regista Beppe Navello di riportare il cinema delle origini in teatro appariva sicuramente stimolante e quindi lo spettacolo Cinéma, presentato al Teatro Sociale nel corso della stagione di prosa, sulla carta aveva più di un motivo di interesse.
 

Questa nuova produzione, interpretata da 5 attori che per un'ora e un quarto non profferiscono parola, lavorando esclusivamente sulla mimica e riprendendo gag e stilemi tipici del cinema muto, si basa su un plot estremamente esile, che serve come pretesto per gags e piccoli siparietti che molto richiamano le comiche degli anni '10 e '20. L'azione si svolge all'interno di una sorta di scatola nera (in tutto e per tutto simile a quella che Cesare Lievi aveva già usato in alcuni suoi spettacoli qui a Brescia) in cui la quarta parete si apre e chiude come fosse una sorta di diaframma, permettendo di focalizzare l'azione su primi piani, piani americani o dettagli.
Purtroppo però il gioco si svela abbastanza in fretta e dopo una decina di minuti si intuisce che il tutto è destinato a procedere in maniera sostanzialmente prevedibile e senza alcuna sorpresa. Nonostante la breve durata della rappresentazione, infatti, sono molti i momenti in cui il ritmo sembra stiracchiarsi e si ha la sensazione che qualche ulteriore taglio avrebbe indubbiamente giovato.
Notevole l'impegno degli attori, anche se a volte la mimica sembra troppo contenuta e dispersiva per rendere perfettamente intellegibile un'azione che non è mai supportata dalla parola. Gradevole la scelta delle musiche d'epoca.
Al termine il pubblico ha applaudito cordialmente tutti i cinque interpreti e gli altrettanti eccellenti macchinisti.

Davide Cornacchione 11 marzo 2009