Recensioni - Opera

Il crudele esercizio della memoria

Dove conduce il sentiero tracciato dall'eccesso di memoria, in uno Stato che offre 200.000 pesos per comprare il silenzio e l'obl...

Dove conduce il sentiero tracciato dall'eccesso di memoria, in uno Stato che offre 200.000 pesos per comprare il silenzio e l'oblio dei propri cittadini? In Argentina lo sbocco naturale di un simile percorso è Plaza de Mayo dove da vent'anni mamme e nonne dei desaparecidos marciano in tondo per il loro diritto alla verità.
Anche di questo parla il testo dello spettacolo andato in scena il 7 Novembre nella sala Paolo VI di Desenzano. Ispirata al romanzo documento 'Le Irregolari (Buenos Aires horror tour) di Massimo Carlotto, la versione teatrale è stata commissionata da Ottavia Piccolo a Vito Biolchini e Elio Turno Arthemalle, e forse risente un poco di questa sua origine ibrida, specialmente quando la teatralità deve cedere il passo al semplice racconto. Tuttavia la materia è densa e l'argomento, ancora così drammaticamente attuale, regge l'ora e mezza di spettacolo e coinvolge nonostante le lievi imperfezioni della struttura drammatugica. Ottavia Piccolo offre un'interpretazione che non cede mai al facile sentimentalismo né chiede per il suo personaggio pietà o compassione. Lo spettatore si trova perciò, suo malgrado, lucidamente trasportato in una realtà 'altra', una sorta di dimensione parallela, dove a fare la differenza sono i labili confini tra una vita apparentemente libera, tenuta invece strenuamente sotto controllo dalle autorità, e una morte che colpisce inaspettatamente, nel cuore della notte, sul posto di lavoro, al sindacato, nelle Università, ed è, prima che fisica, una crudele morte civile, poiché risale fino alle origini delle sue vittime cancellandone ogni prova di esistenza.

Inevitabile, nel corso della vicenda, identificarsi con la famiglia di parenti italiani all'altro capo del telefono e del mondo, in una delle scene più poetiche e riuscite dell'essenziale, ma intensa regia di Silvano Piccardi: ottusamente incapaci di comprendere il dramma, percepito come impossibile, distante dalle proprie certezze, dai propri parametri di giudizio, dalle proprie vili quotidianità: l'imperdibile partita in T.V, le presunte scappatelle coniugali.
'Ma che cosa vi raccontano?' è la drammatica resa della protagonista dinnanzi ad una mistificazione che allora (forse ancora oggi) raggiunse proporzioni globali e isolò, con un muro d'omertà, le vittime della dittatura militare.

L'allestimento è scarno, ma non povero di idee: basta realmente poco al teatro per evocare una simile tragedia e una scena, a nostro giudizio, lo dimostra efficacemente: quando la Piccolo racconta delle sparizioni e descrive le torture messe in atto dall'esercito argentino muovendosi stordita da simili orrori su di una scena riempita di leggii vuoti, quasi fossero le stesse vite spezzate di questi 'assenti' a richiedere, a vent'anni di distanza, che scrittori e interpreti diano voce alle loro storie.
Certo tenere viva la memoria di un simile dolore costa il coraggio immenso di resistere, soli, contro tutto un mondo che si dichiara democratico, ma che pretende di occultare gli errori più recenti del suo passato. Più volte la protagonista denuncia in sé la mancanza di un tale ardire, eppure la crudeltà contro se stessi, necessaria per sopportare simili croci,appare come l'unica via praticabile per il ripristino della verità in Argentina e nel resto del mondo.

E' una stagione, questa, nella quale molte produzioni teatrali si sono interessate all'analisi di conflitti politici, delle guerre, dei drammi etici che hanno percorso il '900, rinconquistando al teatro una delle sue funzioni principali, quella cioè di essere luogo di riflessione critica e di esercizio della memoria. Diritto quest'ultimo, ma soprattutto dovere di ogni società civile, contro la supponenza dei regimi autoritari che impongono, per difendere la propria barbara esistenza, la dimenticanza e scherniscono le donne di Plaza de Mayo dichiarandole las locas, cioè pazze, per l'ostinata pretesa di giustizia.
'Buenos Aires non finisce mai' è uno spettacolo e allo stesso tempo un atto di civiltà e anche un modo di essere vicini a chi combatte in prima linea: il 50% dell'incasso va infatti a nonne e mamme argentine perché non si arrendano. Alla luce di tutto questo, un plauso va all'Assessorato alla Cultura di Desenzano che ha organizzato una stagione costellata di grandi nomi della scena italiana e di testi importanti. Tuttavia ci sentiamo in obbligo di denunciare l'ormai evidente inadeguatezza della sala Paolo VI, poiché ieri sera molte persone sono rimaste fuori dal teatro per mancanza di posti disponibili e si è avuta l'impressione che il palco difettasse degli spazi e delle attrezzature necessarie ad un allestimento ottimale.

Elisa Rocca (8 Novembre 2001)