Recensioni - Opera

Il sole dell’Arizona scalda la fredda notte veronese

I Momix tornano al Teatro Romano con il classico Opus Cactus

A distanza di 15 anni dal suo debutto europeo, avvenuto proprio qui a Verona, i Momix hanno riproposto Opus Cactus al Teatro Romano per una serie di recite da tutto esaurito al botteghino.
In omaggio al Festival shakespeariano, in occasione die 400 anni dalla morte del bardo, la serata si è aperta con un poetico passo a due dal titolo Romeo e Giulietta sulla musica di “C’era una volta in America” che riprendeva una coreografia creata alcuni anni fa per Alchemy.

Al termine di questo emozionante fuori programma i ballerini ci hanno catapultati nel deserto dell’Arizona, in una serata in cui, per un bizzarro scherzo climatico, la temperatura atmosferica superava di poco i 20 gradi. Questo non ha comunque impedito ai 10 eccellenti interpreti di “riscaldare” la platea guadagnandosi al termine il consueto favore del pubblico.
Lo spettacolo è diviso in due parti: la prima, più ironica, nella quale Pendleton trasforma i suoi danzatori in cactus, insetti, serpenti, mentre la seconda, più poetica, si apre con “Dream catcher”, geniale coreografia caratterizzata da un particolare attrezzo ginnico che ormai è diventato uno dei simboli del gruppo. Molto coinvolgente anche l’evocativo “Sun dance” che, pur nella sua originalità e diversità, non può evitare di richiamare alla memoria il celebre Revelations di Alvin Ayley.
Più breve, ma a mio avviso emotivamente più coinvolgente, la seconda parte comprende altre coreografie, tra cui  il magico “Fire walker” in cui spicca l’elemento fuoco, per concludersi con la gigantesca figura di“First contact”che, anche la sera cui abbiamo assistito, ha  trascinato il pubblico all’immancabile ovazione.

Davide Cornacchione 6 agosto 2016