Recensioni - Opera

In Arena brillano le stelle dell’opera

Grandi voci e successo incondizionato per il gala che ha celebrato il riconoscimento dell’Opera italiana nel patrimonio dell’Unesco

In apertura del 101° Festival l’Arena di Verona ha ospitato un evento speciale che, alla presenza delle massime cariche dello Stato, tra cui il Presidente della Repubblica e la Presidente del Consiglio, ha festeggiato il riconoscimento dell’Opera Italiana nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità da parte dell’Unesco.

Il concerto, organizzato in collaborazione con il Ministero della Cultura, ha visto sul palcoscenico areniano le più importanti voci del panorama lirico internazionale ed è stata trasmessa in mondovisione dalla RAI. Un evento di portata storica che suggella il grande lavoro compiuto in questi anni dalla Sovrintendente Cecilia Gasdia che, poco più di un lustro fa, aveva preso in mano una Fondazione Arena, commissariata e sulla quale pendeva un progetto di dismissione e cessione ai privati, e l’ha riportata a livello dei primi palcoscenici al mondo.

La prima parte della serata, introdotta dagli inni italiano ed europeo, ha visto sul podio il Maestro Riccardo Muti dirigere un’orchestra ed un coro costituiti da membri delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche e dei Teatri di Tradizione italiani in un programma sinfonico corale. Ad un’Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini cartesiana nella sua limpida perfezione ha fatto seguito una Sinfonia da Norma straordinaria nella narrazione e nella varietà di accenti. È stato quindi il turno di due tra le pagine corali più raccolte e commoventi del catalogo verdiano ovvero “Patria oppressa” da Macbeth e “Va pensiero” da Nabucco, nelle quali è emersa la perfetta intesa con il maestro del coro Roberto Gabbiani che di Muti fu stretto collaboratore ai tempi delle sue direzioni musicali di Firenze, Milano e Roma. Il programma si è concluso con uno struggente intermezzo da Manon Lescaut di Puccini e con l’imponente inizio del Prologo in cielo del Mefistofele di Boito -partitura che fino a metà degli anni ’70 fu molto presente sul palcoscenico areniano e che, per la sua spettacolarità, sarebbe bello potesse farvi ritorno- diretto con millimetrica precisione e grande trasporto. Dopo un breve ma significativo intervento in cui il Muti ha sottolineato l’importanza dell’orchestra, vista come metafora della società, sul podio è salito il Maestro Francesco Ivan Ciampa che, con mano sicura, ha accompagnato i vari cantanti nella seconda parte dedicata alle arie d’opera.

Trattandosi di spettacolo destinato ad una platea televisiva la scelta è caduta inevitabilmente sui brani più famosi, quelli che tutti hanno sentito almeno una volta, pertanto i vari interpreti si sono confrontati con quelle che nel mondo della musica leggera verrebbero definite “Greatest hits”. Quindi: tanto Verdi e Puccini, qualche cameo di Bellini, Rossini e Donizetti, una spruzzata di verismo ed il curioso inserimento della Carmen di Bizet, che italiana non è ma sicuramente gode di grande notorietà. Certo, una volta sdoganato il repertorio straniero, viene da pensare che, avendo a disposizione una delle più belle voci wagneriane del momento, ovvero Jonas Kaufmann, se ne sarebbe potuto approfittare, anziché limitarne l’apparizione alla breve “E lucean le stelle” da Tosca; oppure, oltre a “Che gelida manina”, eseguita peraltro magnificamente, si sarebbe potuto assegnare a Juan Diego Flórez uno dei suoi cavalli di battaglia donizettiani anziché la più ordinaria “La donna è mobile”. Ma si sa, l’aspirazione del grande pubblico è purtroppo quella di “riconoscere” anziché di “conoscere”. Ciò non toglie che il livello delle esecuzioni sia stato altissimo e difficilmente capiterà in futuro di poter ascoltare una tale concentrazione di fuoriclasse all’interno della stessa serata, nonostante i limiti di un’amplificazione non sempre impeccabile.

L’alternanza di autori e titoli ha visto susseguirsi l’eterea Norma di Jessica Pratt in “Casta diva”, l’intensa Liù di Rosa Feola in “Tu che di gel sei cinta da Turandot” cui ha fatto seguito il trascinante Figaro di Nicola Alaimo in “Largo il factotum” ed il magnetico Scarpia di Luca Salsi nel finale del primo atto di Tosca con i costumi dell’allestimento di Hugo De Ana. Juliana Grigorian è stata un’estroversa Musetta mentre Brian Jadge un Canio dalla voce generosa in “Vesti la giubba” dai Pagliacci e Mariangela Sicilia una delicata Lauretta in “O mio babbino caro”. Gianluca Buratto è stato un autorevole Colline in “Vecchia zimarra” Gaetano Salas uno spavaldo Manrico in “Di quella pira”, purtroppo mutilata dell’aria “Ah sì ben mio”, Francesco Meli uno sognante Nemorino in “Una furtiva lagrima”, Eleonora Buratto una Madama Butterfly di rara intensità in “Un bel dì vedremo” e Ludovic Tézier uno straordinario Gérard in “Nemico della patria” da Andrea Chénier. Ha concluso Vittorio Grigolo con un impetuoso “Nessun dorma” e, accompagnato da Rosa Feola con il brindisi da Traviata, ormai assurto a brano conclusivo di qualunque gala lirico, accompagnato dai battimani ritmati da parte del pubblico in stile Radetzkymarsch.

Molto apprezzati gli interventi di danza di Roberto Bolle e Nicoletta Manni sulle note di Puccini e Mascagni, mentre qualche perplessità ha suscitato la coreografia sulle note del “Dies Irae” dal Requiem di Verdi.  
Adeguati gli interventi dei tre presentatori Luca Zingaretti, Cristiana Capotondi e Alberto Angela che, pur tradendo una scarsa affinità con il mondo dell’opera, hanno svolto con professionalità il ruolo di collante tra un brano e l’altro.
Calorosa e partecipe la risposta del pubblico che, nonostante le quattro ore di durata, non ha mai fatto mancare il suo entusiasmo.