Recensioni - Opera

Jesi: I quadri parlanti, una perla rara di Spontini al Pergolesi

Continuano le celebrazioni spontiniane al teatro Pergolesi di Jesi, dopo l'ottima Vestale che ha aperto la stagione

Questa volta però la scelta è caduta sull'opera "I quadri parlanti" che viene proposta come prima esecuzione assoluta in tempo moderni.

Composta da Gaspare Spontini quando ancora studiava al Conservatorio di Napoli, e andata in scena nella primavera del 1800 forse per la prima e unica volta al Teatro di Santa Cecilia a Palermo, l'opera ha una storia avventurosa. Il suo libretto, scritto da Gaetano Bongiardino, è stato ritrovato negli anni '90 nella biblioteca musicale dell'Università di Berkeley, in California, mentre il manoscritto musicale autografo è emerso nel 2016 nella biblioteca del Castello d'Ursel ad Hingene nelle Fiandre, in Belgio. Nel Castello furono, in quella occasione, ritrovati quattro manoscritti autografi spontiniani, relativi alle partiture - ritenute scomparse - di tre opere e una cantata: oltre ai “I quadri parlanti” del 1800, ci sono il dramma giocoso “Il Geloso e l’audace” del 1801 (Palermo), la farsa giocosa “Le metamorfosi di Pasquale” del 1802 (Roma) e la cantata “L’Eccelsa gara” del 1806 (Parigi). All’eccezionale ritrovamento ha fatto seguito l’accordo (pluriennale dal 2016 al 2025) tra il Centri Studi per la Musica Fiamminga di Anversa e la Fondazione Pergolesi Spontini, per la revisione critica e la valorizzazione dei manoscritti.

L’opera buffa, in due atti, appartiene a quell’insieme di opere giovanili che Spontini ha scritto seguendo lo stile napoletano su cui si era formato e che aveva fatto grande la scuola dell’opera italiana in tutto il mondo.

La vicenda, ambientata a Napoli, è ricca di intrighi, burle, tradimenti e lieto fine.

Al centro, il classico gioco delle parti dove varie coppie si intrecciano in amori nascosti e osteggiati, con una morale finale tipica delle opere dell’epoca.

Il nuovo allestimento si avvale della regia di Gianni Marras che descrive l'opera come un Carosello di fraintendimenti e travestimenti, dispetti e gelosie tra i vari personaggi con l’idea di assecondarlo attraverso scenografie e costumi che partendo dal ‘700 d’epoca si mescola a uno stile “pop”.

Le scene e i costumi sono di Alessandra Bianchettin e Asya Fusani (vincitrici della IV edizione del Concorso dedicato a Josef Svoboda “Progettazione di Allestimento scene e costumi di Teatro Musicale”).

La scenografia è costituita da una struttura cubica che è la casa di Don Bertoldo, con la capacità di spostarsi da un lato all'altro del palco, ruotare su sé stessa, aprire due delle sue pareti per espandere lo spazio. Si passa da ambienti intimi e raccolti ad altri più ampi e aperti, in base alle situazioni narrative. Le pareti sono piene di porte, finestre, nascondigli segreti, spioncini, passaggi improvviso, giochi di luce e ombre.

L'estetica settecentesca ricorda veramente le scenografie dei Caroselli italiani e la pop art è presente con i barattoli Campbell, la banana della copertina dei Velvet Underground, Marilyn Monroe e la Gioconda di Andy Warhol e con rivisitazioni di quadri di Matisse, Botticelli e Hiroshige.

Curatissimi anche i costumi in stile classico, però accompagnati dalle scarpe Converse e persino dalle barbe che li richiamano nei colori, sottolineati anche dalle ottime luci di Marco Chiavetti.

Giulio Prandi ha diretto il Time Machine Ensemble (formazione di giovani musicisti nata nel 2019 dalla volontà della Fondazione Spontini) con un organico più grande del solito e utilizzando la revisione critica curata da Federico Agostinelli

Prandi da bacchetta specializzata in questo repertorio ha saputo valorizzare una partita sicuramente debitrice di Mozart e Rossini, con le sue ripetizioni, ma con uno stile personale, dove la tavolozza sonora è ampia, ricca di colori e di contaminazioni partenopee come si sente nell'uso del mandolino e della chitarra classica.

La briosa sinfonia iniziale ha lasciato spazio ai vari momenti solisti e agli interessanti sestetti, dove c'era una perfetta sinfonia tra buca e palcoscenico. Un'opera che dimostra già la maestria nella scrittura del giovane Spontini e che, seppur non abbiano in sé i tratti dell’innovazione linguistica che il musicista porterà nel suo periodo francese, ha un altissimo valore storico/estetico.

Il cast formato da giovani voci è stato scelto con cura, considerando anche la difficoltà nell'affrontare un'opera praticamente sconosciuta.

Alfonso Michele Ciulla nella parte di Don Bertoldo ha mostrato una buona pasta baritonale unita ad una sicura presenza scenica, anche nell'aria "Ascoltatemi e stupite".

Davide Chiodo è uno spassoso Menicuccio con tanto di cadenza napoletana, ottimi tempi comici e una voce solida, come nella cavatina "Fate largo a Don Gaston".

Ben delineata anche la Chiarella di Martina Tragni, che risolve senza problemi la cavatina "Lo so, donnette mie" e l'aria "Zeffiretti e ruscelletti". Ottima Michela Antenucci nell'interpretazione di Rosina. Un mezzo vocale potente e sicuro che esprime al meglio nell'aria "Io credervi Vorrei" e nei vari momenti di insieme.

Giada Borrelli è una corretta Bettina che si fa ben valere nella deliziosa aria “Se qualche mattina mi sto alla finestra". Giuseppe Di Giacinto è un convincente Capitan Belfiore che si apprezza nell’aria “Ch'io parta, oh ciel! Che pena!". Francesco Tuppo nel doppio ruolo di Abbate/Falloppa ha sfoggiato un timbro limpido e una recitazione briosa sottolineata nell'aria "Quanto oste' viendra' en Espagna".

A fine recita larghi applausi a tutto il cast per uno spettacolo fresco, coinvolgente e colorato. Una riscoperta quanto mai interessante e una ulteriore dimostrazione della qualità scelta in questo teatro.

Il gran finale di stagione sarà il 20 e il 22 dicembre con la Traviata di Giuseppe Verdi

Marco Sonaglia (Teatro Pergolesi-Jesi 29 novembre 2024)