Recensioni - Opera

Jesi: La Vestale cattura il Pergolesi

La nuova stagione lirica del teatro Pergolesi di Jesi omaggia Gaspare Spontini a 250 anni dalla sua nascita con il suolo capolavoro operistico: "La Vestale"

Una Tragédie-lyrique in tre atti con il libretto di Victor-Joseph-Étienne de Jouy e composta tra il 1805 e il 1807. Andata in scena il 15 dicembre 1807 al Théatre de l’Académie Impériale de Musique all'Opèra di Parigi, venne dedicata all'Imperatrice dei Francesi, Giuseppina di Beauharnais.

A Jesi, dopo trentotto anni di assenza, viene proposta nella versione originale in francese, revisione sull’autografo della Scuola di Filologia dell’Accademia di Osimo a cura di Federico Agostinelli e Gabriele Gravagna con il Centro Studi Spontini di Maiolati Spontini. Una nuova produzione in collaborazione con Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatri Verdi di Pisa, Fondazione Ravenna Manifestazioni.

Regia, scene e costumi sono di Gianluca Falaschi. Uno spettacolo dedicato a Maria Callas che nel 1954 interpretò questo ruolo in Scala con Franco Corelli per la regia di Luchino Visconti, dove emerge il parallelismo con Giulia la protagonista della Vestale, essendo entrambe donne sotto pressione costante, schiacciate dalle aspettative della società e dal peso della propria leggenda personale.

E sono proprio le sue parole: "'Ci sono due persone dentro di me. Vorrei essere Maria, ma c'è la Callas di cui devo essere all'altezza'" ad aprire il sipario. Ci troviamo di fronte ad un ambiente dove domina il grigio del marmo e il bianco candido dei teli sulle pareti. Siamo contemporanei alla Callas, tra gli anni cinquanta e sessanta, con smoking e abiti lunghi eleganti che rappresentano il mondo borghese, solamente le tuniche ci riportano all'ambientazione storica romana.

Le luci di Emanuele Agliati sottolineano un luogo gelido, ma al tempo stesso raffinato e suggestivo, grazie anche ad una serie di proiezioni video girate all'interno del teatro vuoto, che rafforzano il racconto con un bianco e nero cinematografico.

Luca Silvestrini ha curato le coreografie del corpo di ballo formato da quattro donne e quattro uomini, che hanno sottolineato vari momenti dell'opera. Sia alla fine del primo e del terzo atto sopra a due lunghi intermezzi musicali, hanno eseguito alcuni balletti decontestualizzati, di taglio moderno.

L'Orchestra La Corelli è stata diretta da Alessandro Benigni, che ha puntato ad una rilettura molto energica con un volume notevole e tempi serrati. Sono mancate qua e là delle dinamiche e dei colori che avrebbero sottolineato ancora di più la bellezza di una partitura che è ancorata al classicismo, ma guarda già al romanticismo. Sotto la guida sicura del maestro Corrado Casati, il Coro del Teatro Municipale di Piacenza è risultato in forma perfetta e ha risposto con la consueta professionalità ai numerosi interventi, mostrando compattezza e variegate sfumature.

Il cast è stato dominato da Carmela Remigio al debutto in questo ruolo. La sua è una Giulia magnetica che cattura lo spettatore fin dalla sua entrata in scena. Il soprano pescarese ha mostrato una solida tecnica vocale, con un timbro avvolgente e un'interpretazione passionale dove è emerso un intenso lavoro fisico per rendere al meglio il suo personaggio. Le due arie "Toi que j'implore avec effroi" e "Toi que je laisse sur la terre" sono eseguite con classe e forza drammatica.

Bruno Taddia è un ottimo Licinio. Il baritono ha una voce piena, sonora, ben proiettata unita ad una recitazione sempre credibile e intensa. Daniela Pini è una Gran Vestale con affascinante timbro scuro e imponente presenza scenica. Corretto ed efficace il Cinna di Joseph Dahdah. Il basso Adriano Gramigni dona la giusta severità al Gran Pontefice, grazie ad una voce profonda e incisiva. Bravo Massimo Pagano nel doppio ruolo di Console e Capo Aruspici.

Pioggia di applausi per il ritorno di un'opera che andrebbe eseguita più spesso e trionfo per la Remigio, regina della scena proprio come la Callas.

Marco Sonaglia (Teatro Pergolesi Jesi 20 ottobre 2024)