Recensioni - Opera

Kaufmann, Garanča, Valčua: tris d’assi per un’eccellente Cavalleria

Il Teatro San Carlo inaugura in streaming la sua stagione con un’eccellente edizione in forma di concerto del capolavoro di Mascagni

Il teatro si fa dal vivo. Qualunque forma di streaming, trasmissione televisiva o comunque fruizione domestica, può avere un senso solo in circostanze eccezionali, quale quella che adesso stiamo attraversando, ma non può né mai potrà realmente sostituire lo spettacolo dal vivo. Il teatro si basa su un rapporto diretto tra platea e palcoscenico che, se manca, viene a mancare l’essenza del teatro, per cui lo spettacolo diventa inevitabilmente qualcosa d’altro. Ciò premesso è più che comprensibile che  in questo periodo in cui il pubblico non può entrare in teatro, siano i teatri stessi a ingegnarsi per raggiungere gli spettatori con le loro nuove produzioni attraverso i media. Si tratta quasi sempre di progetti pensati ad hoc per il mezzo televisivo, che a volte raggiungono risultati tali da non far quasi rimpiangere il fatto di non poterli gustare in presenza.

È il caso della riuscitissima edizione di Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni in forma di concerto che ha inaugurato il Teatro San Carlo di Napoli, che ha visto protagoniste due stelle di prima grandezza quali Jonas Kaufmann e Elina Garanča dirette dall’ispirata bacchetta del Maestro Juraj Valčua, direttore musicale dei complessi partenopei.
Valčua è indubbiamente uno dei direttori più interessanti della sua  generazione, e non solo. Il suo talento supera di svariate lunghezze alcuni dei suoi più celebri coetanei, il cui unico merito è stato quello di aver avuto un illustre padrino che ne abbia spianato la carriera. Il maestro boemo, la cui concertazione è il principale motivo di interesse di una produzione che può vantare parecchie frecce al suo arco, dipana il racconto con grande intensità e senso del dramma, cesellando un raffinatissimo tappeto orchestrale ricco di dettagli, grazie ad un’orchestra da cui sgorga un profluvio di sfumature e colori. Splendide le pagine sinfoniche e quelle corali quali il bellissimo “Inneggiamo al signore risorto”, ma anche nel rapporto con i solisti la concertazione si mantiene sempre in perfetto equilibrio, alla ricerca di soluzioni ricche di pathos ed espressività.

Elina Garanča delinea una Santuzza la cui voce brunita, ricca di screziature, si piega ad una linea di canto magnifica.  L’emissione perfetta sia nel registro acuto che in quello grave e la grande ricchezza espressiva, dalle puntate ferine del duetto con Turiddu agli accenti più intimisti in quello con Alfio, confermano l’eccellente momento di questa grande artista che, già come era accaduto nel recente Requiem scaligero, si rivela come la vera punta d’eccellenza del cast.
Al suo fianco Jonas Kaufman è un Turiddu intenso, appassionato, estremamente credibile, il cui timbro, caldo e ammaliante si sposa perfettamente alle esigenze del personaggio, che viene tratteggiato con la giusta baldanza un po’ guascona. L’acuto svettante e il fraseggio nobile contribuiscono ad un’interpretazione di grande livello. 
Claudio Sgura è un Alfio credibile, dal timbro autorevole e dal fraseggio morbido che gli consente di tratteggiare un personaggio sfaccettato, distante dalla caratterizzazione del greve carrettiere che una certa tradizione ha tramandato. Maria Agresta è una Lola dalla voce suadente e luminosa mentre Elena Zilio è una mamma Lucia di grande intensità, dal timbro solido e dal corposo registro grave. Ottima la prova del coro diretto da Gea Garatti Ansini.

La regia televisiva -la maggior parte delle volte vero punto dolente degli spettacoli ripresi in Italia- assolve adeguatamente al suo compito: non sempre gli stacchi coincidono con il racconto musicale, ma quantomeno cerca di non eccedere troppo in quelle inutili carrellate e zoomate fatte un tanto al chilo che spesso ingolfano le riprese televisive dei concerti nostrani.