
Sontuoso, complesso ma non sempre intelleggibile il nuovo allestimento di Stefano Poda
Grande spolvero per l’inaugurazione dell’edizione numero 102 dell’Arena di Verona Opera Festival, con il nuovo allestimento di Nabucco di Giuseppe Verdi, curato in toto dall’eclettico Stefano Poda e diretto da Pinchas Steinberg.
Stefano Poda è noto per i suoi allestimenti simbolici, visionari e altamente tecnologici. All’Arena è reduce da una riuscita Aida, messa in scena nel 2023. Anche per Nabucco il regista trentino sceglie la strada della simbologia, declinando i contrasti umani presenti nel convenzionale libretto di Temistocle Solera in rimandi più generali, che riguardano la guerra, ma anche la tracotanza umana che ambisce a spaccare l’atomo, generando forze distruttive destinate a creare spinte antitetiche sia sul palco che nella visione onirica del regista. Queste spinte sono, nella visione di Poda, destinate a riconciliarsi in un rinnovato umanesimo di comprensione e pace favorito dalla musica e dal teatro.
Lo spettacolo è accurato e sontuoso, degno del più importante festival lirico all’aperto italiano. Numerosissime le comparse, i mimi e i ballerini che creano una vera e propria scenografia umana, con costumi che rimandano ad un futuro lontano, in uno stile che occhieggia all’immaginario futuribile di Dune di Franck Herbert e alla sua più recente trasposizione cinematografica di Dennis Villeneuve.
Ritorna la grande pedana inclinata già vista in Aida, mentre le gradinate sono lasciate sgombre e utilizzate per giochi scenici. Le luci creano nel cielo sopra l’anfiteatro piramidi luminose, mentre al centro della scena campeggia una grande scalinata sovrastata da una clessidra con la scritta Vanitas. Ai lati due semisfere luminose che si muovono in continuazione e che nel finale si ricongiungeranno a simboleggiare la ritrovata unità fra l’uomo e il caos, in una sfera che ha rimandi simbolici e divini. Altro elemento ricorrente e iconico degli allestimenti di Poda è il suo gruppo di mimi, perfetti e preparatissimi, che riempiono la scena mimando i contrasti e lo scontro di forze contrapposte, oppure teatralizzano le marcette del primo Verdi in stilizzate battaglie militari in punta di fioretto. La spettacolarità è affidata alla massa umana, ai costumi sontuosi e colorati, che in alcune scene si illuminano di luce propria con grande effetto.
Il riferimento all’atomo e alla bomba atomica è esplicitato durante l’ouverture, in cui i mimi costruiscono un missile che poi esplode con grande fragore nel momento in cui Nabucco si proclama Dio.
Le scene suggestive sono molte: Zaccaria che durante la sua aria fa risorgere i morti crocifissi a terra, le gabbie in cui vengono letteralmente rinchiusi gli ebrei, l’ira di Nabucco che scaglia i mimi a destra e a sinistra, o ancora la morte di Abigaille nel finale, simboleggiata dall’infrangersi a terra di una sfera luminosa. Rispetto ad Aida però ci sono anche diverse cose non pienamente a fuoco: intanto una certa confusione in molte scene d’insieme, poi il riprendere soluzioni e stilemi già visti in Aida, sia dal punto di vista delle luci che dei movimenti mimici. Non si può non segnalare che se in Aida le idee funzionavano perché ancorate a una drammaturgia efficace, Nabucco resta un’opera drammaturgicamente debole e sostanzialmente statica. Il profluvio di idee e di azione si confrontano con personaggi e situazioni sostanzialmente convenzionali per cui si rischia di scadere in un’estetica spettacolare fine a sé stessa e inevitabilmente slegata dalla musica. Insomma a tratti il Nabucco sembra troppo “antico” per l’opera contemporanea e tecnologica immaginata da Poda.
Sorge il dubbio che il regista sia caduto infine nella stessa hybris che vuole raccontare, mettendo registicamente troppa carne al fuoco. Il Nabucco di Poda resta un grande spettacolo, forse da rivedere più volte per comprenderlo appieno. Questa mancanza di semplicità e immediatezza potrebbe essere il maggior difetto di questo grande allestimento.
La compagnia di canto è costituita da artisti di prima grandezza. La tensione dell’inaugurazione e la serata oltremodo afosa hanno però influito sulla resa dei cantanti. Si percepiva la tensione della prima.
Pinchas Steinberg stacca tempi lenti, a tratti quasi riflessivi, che poco si adattano all’anfiteatro veronese. La concertazione è coerente, porta una visione alternativa agli eccessi bandistici, ma non sempre convince per eccesso opposto. Abbiamo trovato ottima l’esecuzione del celebre Va Pensiero, di cui Steinberg da una lettura secca, senza sbavature o afflati romantici, di rigore luterano. Dopo il coro si procede, niente bis. Finalmente aria nuova.
Anna Pirozzi è una veterana di Abigaille, ha cantato benissimo gli ultimi due atti, mentre si è percepita una qualche tensione anche vocale nei primi due. Non è ancora completamente a suo agio scenicamente.
Nabucco era Amartuvshin Enkhbat. Il baritono sembrava scenicamente spaesato e non ha brillato. Pur restando sempre tecnicamente corretto, il personaggio era inesistente. Roberto Tagliavini ha una bella linea di canto, ottima presenza scenica, ma voce troppo baritonale per Zaccaria.
Ottimi Francesco Meli (Ismaele) e Vasilisa Berzhanskaya (Fenena). Sonoro, facile agli acuti e preciso il primo, di grande classe e dalla voce imponente la seconda. Raramente queste parti sono così ben eseguite, non essendo di primo piano. Una grande prova per loro.
Completavano il cast Gabriele Sagona, Carlo Bosi e Daniela Cappiello.
Arena esaurita con numerose autorità presenti per una bella inaugurazione.
Raffaello Malesci (Venerdì 13 Giugno 2025)